«Sappiamo tutti che ci sono tecnocrati che ci remano contro, ma questo vale per tutti i ministeri, non solo per il Mef». Luigi Di Maio a «Non è l'Arena» rilancia per l'ennesima volta uno dei leit motiv della narrazione di questi primi quattro mesi di governo spiegando che la «legge ha dato troppi poteri alla macchina burocratica».
Il vicepremier conferma dunque la logica dello stato d'assedio, del nemico più o meno invisibile nascosto all'interno dei ministeri. Nel mirino c'è l'Economia, che non piega i numeri al volere dei gialloverdi. «È anche prevedibile -insiste- è successo per decenni che chi arrivava lì metteva dentro gente sua e poi la stabilizzava». E a proposito dell'ormai famoso audio del portavoce di Palazzo Chigi, Rocco Casalino racconta che «c'è chi si definisce establishment dice vergogna mentre la gente per strada mi conferma che ha detto quello che tutti pensano». Il governo Conte a questo punto deve guardarsi dai «trabocchetti e dalle insidie per provare a fermare il governo» messi in atto «da personaggi che non rispondono allo Stato ma a qualche partito, perché chi è nella P.A. deve essere indipendente e vincere concorsi ma poi siamo andati avanti a stabilizzazioni, sanatorie e nessun concorso».
Dunque? «La legge gli ha dato troppi poteri, alla macchina burocratica, togliendoli alla politica che invece deve decidere e prendersi le sue responsabilità perché il politico è eletto e il tecnico no». Pochi giorni fa Di Maio, in un video, aveva anticipato questo affondo usando toni altrettanto spicci: «Ci sono tanti tecnocrati, una zavorra del vecchio sistema di cui dobbiamo liberarci».
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