"Il Prevost studente sempre in anticipo, rifletteva e pregava"

Il vescovo e collega di università del Papa, Gianni Fusco: "È la persona giusta al momento giusto"

Gianni Fusco
Gianni Fusco

«Sì, forse convocherà un Concilio. Non lo escludo». Parla monsignor Gianni Fusco, 67 anni, vescovo di Catania, avvocato rotale, che conosce il nuovo Papa dagli anni dell'università.

Monsignore, che cosa pensa di Leone XIV?

«Apprezzo moltissimo la sua moderazione, nella visione di chiesa, ovviamente, ma anche nella visione della geopolitica internazionale. È un uomo che conosce bene la realtà del mondo avendolo girato sia come pastore che come diplomatico vaticano. Penso che sia la persona giusta al momento giusto».

Lo ha conosciuto personalmente?

«Abbiamo studiato insieme teologia e diritto canonico. È sempre stato una persona di una semplicità disarmante, ma anche di una onestà intellettuale e di una sincerità umana che io ho ritrovato in pochissime altre persone. Io ho incontrato tante persone nella mia vita - preti, vescovi, cardinali, laici - ma come lui pochi, pochi».

Ha ricevuto aiuti da lui?

«Lui non ha proseguito gli studi di diritto canonico, io si. Lui non voleva fare l'avvocato rotale. Però mi incoraggiò a proseguire e poi mi disse: Assumerai un ruolo molto complicato, stai sempre attento, troverai tanti nemici. E mi fece il nome di varie persone che erano state impallinate. Mi ha molto aiutato a calibrare le forze e le idee».

La invitò alla prudenza?

«Mi disse: Non decidere mai subito. Né in campo pastorale né professionale: 24 ore di riflessione e preghiera. Poi scegli».

Leone XIV è un uomo riflessivo?

«Persona di grande riflessione e di grande preghiera. Quando avevamo un appuntamento collettivo, noi studenti, lui arrivava in cappella sempre un quarto d'ora prima di noi».

Sarà il continuatore di Francesco o di Benedetto?

(Sorride). «Avrà caratteristiche sue. E metterà insieme la continuità con l'uno e con l'altro. Le tante aperture di papa Francesco, ma anche le precisazioni di ordine dogmatico di Ratzinger. Lui unisce lo studio - nella tradizione agostiniana - e anche il rapporto con il mondo accademico, con l'attività pastorale. Cioè l'incontro con le persone povere, emarginate, semplici».

Agostiniano vuol dire tradizionalista?

«Sinceramente direi di no. Sant'Agostino è stato un innovatore. Come lo è stato Sant'Ambrogio che ha battezzato Agostino. Il mondo degli agostiniani è un mondo che dà grande peso alla cultura e alla dottrina, rimanendo fedele al Vangelo. Non parlerei di tradizionalismo o conservatorismo ma di attualizzazione del Vangelo nella cultura e nella vita contemporanea».

Leone XIV convocherà un nuovo concilio?

(Ride ancora). «Difficile rispondere. Lui ha ribadito il suo desiderio di governare la Chiesa per le vie sinodali e collegiali. Che è una idea del Concilio Vaticano II e di Francesco. Non escludo che possa convocare un Concilio che rilanci tutto quello che non è stato ancora realizzato del Vaticano secondo».

Si è detto che Francesco voleva fare una rivoluzione nella Chiesa e non c'è riuscito. Ci riuscirà Leone a fare la rivoluzione e farà riavvicinare i fedeli?

«Penso di si. La storia della Chiesa conferma questo: quando si aprono dei cammini, possono rallentare o accelerare, ma diventano scelte irreversibili. Tutto quello che è stato aperto da Francesco troverà in Leone una continuità».

Con lo stile aggressivo di Francesco?

«No, con il suo stile».

Il nome che ha scelto, Leone, vuol dire qualcosa?

«Richiama un grande papa, Leone XIII, che ha tradotto il Vangelo nella vita del mondo, e che ha scritto la dottrina sociale della Chiesa con la Rerum novarum. La scelta di questo nome già indica un itinerario».

Lei si è pronunciato qualche anno fa per il ritorno di una formazione politica cattolica.

«Sì. Ne sono ancora più convinto oggi. Penso che l'assenza dei cattolici in politica abbia indebolito la nostra la vita pubblica. Presenza in politica non vuol dire potere, ma azione al servizio del bene comune».

Leone sarà un papa più politico o più spirituale?

«Dissento da questa distinzione. La dimensione dello spirito abbraccia la persona nella sua totalità, non può che essere anche una spinta a trasformare la politica in attività di servizio, e di carità. Disse Paolo VI: La forma più alta di carità è la politica».

Lei conosce bene il cardinale Parolin. È rimasto deluso?

«Io come italiano facevo il tifo per gli italiani e precisamente per Parolin. È stato la persona che per oltre 10 anni ha realizzato i pensieri di Papa Francesco. Sì, mi è dispiaciuto che non sia stato lui il successore di Pietro».

Perché non è stato scelto?

«Non so cosa è successo. Credo che si è pensato di individuare una persona che possa rappresentare le due fazioni che si erano manifestate: i conservatori e i progressisti. I cardinali hanno ritenuto che per mediare ci volesse Prevost».

Dicono che sia un giocatore di tennis e tifoso di calcio

«Di tennis sicuro. Me lo ricordo. Nei nostri collegi era uno forte. Di calcio non saprei».

Nel suo primo discorso ha detto «pace disarmata»...

«L'esordio si riferisce a quello che fece Gesù alla

prima apparizione ai discepoli. Pace. Credo che lui ci riuscirà. Non perché gli altri non siano stati all'altezza. Ma lui è disarmante. La pace è la battaglia dei semplici, non di chi complica tutto con le sue elucubrazioni».

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