Forza Italia vive forse il momento più complicato dopo la celeberrima «traversata del deserto» del '96. Serve unità, sangue freddo. E un lavoro duro e costante da concludersi con il congresso. E per far questo serve una ripartenza che non lasci pendenze. È in questo spirito che vanno lette le dimissioni di Mariastella Gelmini. La capogruppo degli azzurri a Montecitorio ha rassegnato le sue dimissioni da coordinatore regionale della Lombardia. E lo ha fatto consegnandole nelle mani di Berlusconi proprio nel corso del Comitato di presidenza a Palazzo Grazioli.
Azzerare tutto e ripartire. Con un solo obiettivo finale: il congresso appunto. «Nei prossimi giorni -spiega Antonio Tajani, uscendo da Palazzo Grazioli - si darà vita al comitato che dovrà preparare gli adempimenti per il congresso entro la fine dell'autunno. E possibilmente in un clima di unità». L'ormai ex presidente dell'assemblea di Strasburgo punta molto sul tasto dell'unità e rispedisce al mittente la prima polemica del dopo-voto. Il mittente è il governatore della Liguria, Giovanni Toti, ieri grande assente a Palazzo Grazioli. Tajani lo aveva accusato di non essersi adoperato abbastanza in campagna elettorale. Il governatore, però, ha ricordato il suo ruolo istituzionale e il fatto di non avere «incarichi esecutivi nel partito» E d'altronde, aggiunge con una punta di velenosa ironia, «non credo che il disastro al Centro sia dovuto a me».
La relazione di Berlusconi, votata all'unanimità ha ricompattato il gruppo dirigente sull'obiettivo primario. Senza però dimenticare che il Paese, come ha spiegato il leader di Forza Italia, vive un momento così delicato che non può fare a meno di un soggetto politico moderato e fermo sui principi. Tra gli altri interventi si segnalano quelli di Cesa, di Romano, di Brunetta e della Gelmini. Ed è proprio la Gelmini a ricordare l'importante dell'azione politica di un centrodestra moderato all'interno dell'alleanza. «La centralità del nostro partito - conferma - è un pilastro irrinunciabile nella vita politica del centrodestra. Tutto questo sotto la guida di Berlusconi al quale va la gratitudine di tutti noi. Con il coinvolgimento di tutte le energie del movimento, a partire dai nostri militanti e dai nostri eletti nelle istituzioni, saremo pronti alle sfide che ci attendono e dimostreremo, con le nostre idee e i nostri valori, di essere essenziali per il centrodestra di cui siamo stati i fondatori. Unità e responsabilità hanno prevalso, così come si addice a una classe dirigente matura e in grado di guardare con spirito visionario al futuro, così come Berlusconi ci ha insegnato».
D'altronde questa leadership è ancora solida nelle sue mani e sulla bontà dell'operazione è convinto anche Giorgio Mulè, portavoce dei parlamentari azzurri. «Berlusconi? Difficilmente si fa schiacciare: lui è uno schiacciasassi», ha commentato entrando a Palazzo Grazioli.
Insomma la linea proposta da Mara Carfagna nel corso di un colloquio a due con Berlusconi non è prevalsa. La vicepresidente della Camera aveva chiesto tempi più corti per il congresso e soprattutto azzerare i vertici e ripartire con un coordinatore unico. Inoltre aveva chiesto, d'accordo con Gianfranco Miccichè, un'attenzione maggiore nella composizione dei quadri del futuro direttivo alla componente meridionale. La Carfagna ha ribadito la validità della formula della coalizione di centrodestra ma ha chiesto maggiore autonomia di movimento per gli azzurri.
L'importante, adesso, è che la nuova classe dirigente che guiderà il partito in questo difficile e delicato momento politico sia espressione più aderente della base.
È l'auspicio dello stesso Berlusconi. E di tutto il Comitato di presidenza. «Una classe dirigente però - spiega l'ex premier- che sarà legittimata da forme di democrazia interna aperte al più franco confronto e alla più libera discussione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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