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Primo sì al Decretone: il Senato si infiamma tra gilet azzurri e insulti

Forza Italia insorge contro il sussidio grillino M5s choc: "Il senatore Pd brucerà all'inferno"

Primo sì al Decretone: il Senato si infiamma tra gilet azzurri e insulti

Il buffo è che quando le «bandiere» storiche dei gialli e dei verdi sventoleranno sui Palazzi del Potere come segno imperituro della volontà del Popolo, la «rivoluzione del welfare» e la «pensione ora e subito», il medesimo popolo sovrano probabilmente si sarà già ripreso i suoi voti, voltato la faccia, revocato la fiducia e, almeno per quanto riguarda gli «stellari», il Potere potrebbe essere diventato un bel ricordo. Quei formidabili anni in cui vincemmo la lotteria e perdemmo il biglietto vincente; oppure: quel bellissimo 2019 che ci portò dritti al 2020, però in mutande («nudi alla meta», dirà la capogruppo forzista Bernini).

Passano al Senato con 149 scontati «sì» reddito di cittadinanza e quota 100 e dal 18 marzo la conversione in legge del cosiddetto «Decretone» toccherà alla Camera. Nel frattempo, dal 6 marzo si aprono i cancelli per chi vuole entrare nel «percorso di protezione sociale» (più roba da pentiti braccati, che un sussidio di avviamento al lavoro). Mancano voti, rispetto la maggioranza dei 161, ma molte erano le assenze, e non per dissenso politico. La bandiera però doveva essere piantata al più presto, considerate le sberle elettorali prese da Luigi Di Maio, stralunato incassatore nei banchi del governo, dove viceversa latitavano sia il premier Conte che il «navigator» di Di Maio, Salvini. Altra assenza, rilevata con perfidia dal redivivo Matteo Renzi, quella del ministro Tria. «Questo decreto segna un atto di masochismo di fronte alla crisi economica che stiamo per vivere. Mancano all'appello 40 miliardi di euro, manca anche il ministro dell'Economia all'appello in quest'aula, e ne capisco l'imbarazzo», dirà l'ex premier. Che interviene al posto del capogruppo «per replicare a qualcuno che mi vuole impiccare» (riferimento al grillino Giarrusso, ndr). «Non fate paura a me, fate paura agli italiani», continuerà Renzi, puntando sull'inutilità dei due provvedimenti: «Il navigator sarà il forestale del terzo millennio», l'immagine più incisiva. Ma l'atmosfera si surriscalda quando nella dichiarazione di voto per Forza Italia la Bernini attacca a testa bassa quello che ha ribattezzato Decretino e Di Maio che voleva fare «l'uomo Denim, quello che non deve chiedere mai» con la Ue, «ma invece è tornato a Canossa». E poi: «Sarà un anno bellissimo? Il lavoro lo fa la crescita, il lavoro, non lo fanno i navigator. Gli italiani si renderanno conto che sono bugie e illusioni, si stanno già svegliando. L'illusionismo è stregoneria, smettetela di giocare a maga Magò!». Al clou di un discorso veemente, i senatori forzisti indossano gilet e caschi azzurri, palese sfottò all'appoggio di Di Maio verso quelli di Francia.

Apriti cielo: la trovata mediatica non riscuote l'apprezzamento della presidente Casellati, che s'inalbera addirittura: «Senatrice Bernini, faccia togliere! La smetta! Il folklore appartiene alle piazze, non a quest'aula... Non alla dignità delle istituzioni! Vergogna! Sospendo la seduta». La breve pausa non calma però nessuno e, quando la stellare Paola Taverna attacca frontalmente il Pd con quella sua voce stridula («Dov'è la sinistra? L'avete rinnegata... C'è qualcuno che ha fatto veramente l'elemosina, con gli 80 euro, e poi l'ha anche richiesta indietro»), il Pd va in subbuglio: il senatore D'Arienzo per tre volte innalza il cartello con su scritto: «Tso» (Trattamento sanitario obbligatorio; la Taverna, chissà perché, ha già preannunciato querela), altri facinorosi tentano di raggiungere i banchi grillini. Momenti di bagarre, mentre la Taverna un po' rinfocola gli animi, un po' ghigna. «Si limiti a una dichiarazione di voto tranquilla», chiede con tono ultimativo la presidente. «Esattamente quello che sto facendo... nei limiti in cui l'atteggiamento disordinato del Pd me lo consente!», replica a muso duro la Taverna. Nel finale, altre accuse tra Pd e M5S («ci hanno detto di bruciare all'inferno», si lamenterà Marcucci) cui la Casellati risponde con un monito a moderare i toni: «Se continuiamo a usare toni irrispettosi, diamo un cattivissimo esempio anche a tutti i cittadini».

Fosse solo quello.

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