Primo sciopero Amazon: pacchi in tilt

La protesta per i turni di lavoro di driver e di chi sta in magazzino

Primo sciopero Amazon: pacchi in tilt

Lunedì niente pacchi alla porta, il postino, o meglio il driver Amazon non suonerà nemmeno una volta: è stato infatti indetto il primo sciopero generale nazionale di 24 ore di tutto il personale della filiera del colosso di Seattle che consente all'ormai indispensabile pacco con la striscia nera di arrivare nelle nostre case, dagli addetti degli hub a quelli delle consegne. Ma questa volta le organizzazioni sindacali che hanno indetto la mobilitazione, Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, hanno deciso di chiedere «attenzione e solidarietà» anche all'ultimissimo anello della catena, il cliente finale.

Si parla di lavoratori che sono stati, pure loro, i nostri angeli nell'ultimo anno, anche se a qualcuno possono essere apparsi irritabili e capricciosi, sorta di divinità greche che nelle loro mani trattenevano oggetti spesso frivoli, ma a volte indispensabili per la nostra sopravvivenza domestica. Uno spaccato sulle modalità di lavoro di quei 15mila driver, i fattorini che consegnano materialmente i pacchi, traspare però dalla nota dei sindacati: lavorano anche 44 ore a settimana e molto spesso per l'intero mese, «inseguendo le indicazioni di un algoritmo che non conosce né le norme di regolazione dei tempi di vita e di lavoro né tantomeno quelli del traffico nelle nostre città». Si toccano punte di 180/200 pacchi consegnati al giorno (con una media di 100 «stop», ovvero fermate) «ma nessuna verifica dei turni di lavoro». Sono i cosiddetti «padroncini» protagonisti dell'ultimo film di Ken Loach «Sorry We Missed You», che incontriamo parcheggiati sui marciapiedi o nell'atrio di casa costantemente incollati al loro telefonino. Poi c'è quell'altro esercito «di circa 40mila persone che non si ferma mai, destreggiandosi tra migliaia di merci nella catena di montaggio degli hub e dei magazzini».

Tra le richieste c'è la verifica sui carichi di lavoro «perché ne va del benessere psico-fisico dei lavoratori stremati» e la clausola sociale, nel caso dei frequenti cambi d'appalto, per la conferma dei livelli occupazionali e reddituali.

È la gig economy, bellezza, verrebbe da dire. Ovvero tutta quella pletora di lavori organizzati da piattaforme digitali e operati da freelance che ha mostrato i suoi limiti ma anche l'importanza di questa tipologia di attività nelle nostre vite attuali. Una prima vittoria è il caso dei 70mila autisti di Uber nel Regno Unito che, dopo la sentenza della Corte Suprema, hanno ottenuto lo status di dipendenti con salario minimo, ferie e pensione.

Lo sciopero Amazon «è una questione di rispetto del lavoro si legge nell'appello ai consumatori - di dignità dei lavoratori e delle lavoratrici, di sicurezza per loro e per voi.

Per questo per vincere questa battaglia di giustizia e di civiltà abbiamo bisogno della solidarietà di tutte le clienti e di tutti i clienti di Amazon». Risponderanno all'appello, si asterranno dall'ordinare, almeno per un giorno?

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