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Processi brevi e riforma della prescrizione. Cartabia: "Senza modifiche niente fondi Ue"

Nel Pnrr termini certi e meno appelli per agevolare crescita e investimenti

Processi brevi e riforma della prescrizione. Cartabia: "Senza modifiche niente fondi Ue"

Può sembrare impegnativo quel che dice il ministro della Giustizia Marta Cartabia in un'intervista a La Stampa: «Se fallisce la riforma della giustizia, molto semplicemente noi non avremo i fondi europei. Non avremo i fondi necessari a rimettere in piedi il Paese dopo la pandemia». È una constatazione di dati di fatto, perché l'incertezza del nostro sistema giudiziario è una delle principali ragioni di diffidenza verso l'Italia, non solo da parte delle istituzioni europee (e non solo) ma anche delle imprese, che temono di investire in un Paese in cui dominano lungaggini e lacerazioni giudiziarie.

Rientra in questo contesto lo scoglio della prescrizione: per chi non lo ricordasse, l'estinzione di un reato dopo un certo lasso di tempo. La Guardasigilli ribadisce che «bisogna intervenire sulla prescrizione, abbiamo preso un impegno e lo manterremo», anche se «sarà il nodo più difficile da sciogliere». Mostra anche fiducia nel ritorno di uno spirito costituente simile a quello che dopo il 25 aprile 1945 ha portato alla nascita della Costituzione.

I dati sono impressionanti: una riduzione della durata dei processi civili del 50% può accrescere la dimensione media delle imprese italiane di circa il 10%; ridurre da 9 a 5 anni i tempi delle procedure fallimentari può generare un aumento dell'1,6% del Pil. Cartabia ricorda poi come una giustizia rapida sia fondamentale anche per lo sviluppo economico: aiuta la crescita, stimola competitività, facilità il credito bancario, attira investimenti.

I mal di pancia riguardano i Cinque stelle che avevano fatto una delle loro bandiere la riforma con il blocco della prescrizione se il processo è arrivato a una sentenza di primo grado. Su questo punto avevano rotto con la Lega ai tempi del governo gialloverde. Contro questo ulteriore allungamento dei processi avevano protestato (e si erano divisi) politica, magistratura, avvocatura, studiosi di diritto.

È chiaro sia dalle parole della Cartabia che dal testo del Recovery che non sarà una totale retromarcia ma una revisione che accontenti tutti. Come si legge nella bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza, le «iniziative concernenti la prescrizione del reato» sono «inserite in una cornice razionalizzata e più efficiente, dove la prescrizione non rappresenta più l'unico rimedio» «nel caso in cui i tempi del processo si protraggano irragionevolmente». Per rendere più brevi i processi, oltre al rafforzamento del personale e all'ulteriore incentivo del processo telematico per abbattere l'arretrato, il Piano prevede «la rimodulazione dei termini di durata e della scansione dei termini, il controllo giurisdizionale sulla data di iscrizione della notizia di reato». Si pensa a riformare l'appello, introducendo «casi di inappellabilità delle sentenze» di primo grado.

La stima è che le leggi delega possano essere adottate «entro settembre 2021 e che i decreti attuativi possano essere approvati entro settembre 2022».

Gli effetti potrebbero così vedersi alla fine del 2024.

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