La Procura di Milano nei guai. Al Csm indagine sulle toghe

Dopo i casi Eni e Davigo l'ex tempio di Mani Pulite è finito nel mirino. Interrogato il procuratore Nanni

La Procura di Milano nei guai. Al Csm indagine sulle toghe

Un'intera Procura nel mirino del Consiglio superiore della magistratura: ed è la Procura di Milano, una delle più importanti d'Italia, la fucina di inchieste che hanno cambiato la storia del paese. E che si ritrova ora sotto accusa, dopo che i veleni del processo Eni sono tracimati, portando all'incriminazione del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e di rimando anche di Piercamillo Davigo, già icona del pool Mani Pulite. Ma ora nel mirino del Csm non ci sono soltanto singole toghe e episodi specifici, ma l'intera gestione in questi anni della Procura milanese. E le conseguenze potrebbero essere toste.

Nelle stesse ore in cui da Brescia trapela la notizia dell'iscrizione di Davigo nel registro degli indagati per rivelazione di segreto d'ufficio, si scopre che a Roma la prima commissione del Csm ha deciso di capire fino in fondo cosa sia accaduto a Milano. Sono già stati interrogati il procuratore generale Francesca Nanni e il presidente dell'Ordine degli avvocati Vinicio Nardo: domande in parte generiche ma anche assai specifiche, in particolare sul tentativo di De Pasquale di incastrare, usando un verbale dello pseudo-pentito Pietro Amara, il presidente del processo Eni Marco Tremolada. Chi ha assistito alle audizioni racconta che era in particolare Antonino Di Matteo, l'ex pm palermitano ora membro del Csm, a voler scavare più a fondo nei veleni milanesi. E siamo solo agli inizi: la lista completa degli interrogatori non è nota, ma alcuni nomi trapelano. Ci sono lo stesso Tremolada, il suo superiore Roberto Bichi, quasi tutti i procuratori aggiunti - cioè i «vice» del capo Francesco Greco - ma anche semplici pubblici ministeri come Francesca Crupi, e uno dei veterani dell'ufficio, il capo dell'antiterrorismo Alberto Nobili. É un calendario di audizioni che andrà avanti fino alla fine del mese, e che si spiega solo con l'intenzione del Csm di scandagliare - sebbene con un certo ritardo - le dinamiche che hanno lacerato la Procura milanese, dove un numero consistente di magistrati appare convinto che intorno al procuratore Greco si sia saldato una sorta di «cerchio magico», un gruppo di fedelissimi in grado di monopolizzare e indirizzare le inchieste più importanti.

È contro questo monopolio che Storari decide di ribellarsi, quando si convince che i vertici vogliano insabbiare i verbali di Amara sulla loggia Ungheria, e passa le carte a Davigo: ma anche, pochi mesi dopo, attaccando frontalmente Greco sulla chat interna della Procura. Da quel momento Storari diventa un reietto. Ma ora si scopre che tra la base dell'ufficio, in particolare da parte dei colleghi più giovani, è partita una raccolta di firme in sua difesa. E anche questo fotografa una Procura spaccata in due.

Cosa può fare il Csm in questo disastro? La prima commissione ha come compito verificare l'esistenza di casi di incompatibilità ambientale: col potere, di fronte a situazioni non sanabili, di allontanare dalla Procura uno o più dei suoi magistrati. A rischiare non sarebbe tanto Greco, ormai prossimo alla pensione, ma - sui due versanti - soprattutto Storari e De Pasquale. Ma entrambi sono anche sotto procedimento penale per iniziativa della Procura di Brescia, e questo potrebbe rallentare i tempi del Csm.

Comunque vada, l'inchiesta del Consiglio superiore - anche se per ora viene definita solo una «indagine conoscitiva» - si annuncia come una analisi senza precedenti del funzionamento di uno dei centri del potere giudiziario nazionale: soprattutto se, come è possibile, qualcuno degli interrogati si caverà dei sassi dalla scarpa, dando voce pubblica al brontolio che attraversa l'ex tempio di Mani Pulite. E ancora peggiore potrebbe farsi la situazione se partissero provvedimenti disciplinari veri e propri nei confronti dei protagonisti dello scontro.

A fare scattare l'impeachment dovrebbero essere il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, o il ministro della Giustizia Marta Cartabia. E entrambi, a quanto è dato capire, si stanno muovendo. La Cartabia con l'invio dei suoi ispettori a Milano, Salvi con un lavoro riservato di cui finora non si è saputo nulla. Ma a breve novità in arrivo.

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