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La procura "pro Pal" che ferma i terroristi ma condanna Israele

Il pm di Genova: le indagini non tolgono rilievo ai crimini contro i palestinesi

La procura "pro Pal" che ferma i terroristi ma condanna Israele
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In Italia, se smantelli la rete di un'organizzazione terroristica palestinese, devi giustificarti ribadendo i crimini degli israeliani. Alla fine del comunicato stampa sui nove arresti della rete di Hamas si legge un passaggio senza precedenti nelle inchieste sul terrorismo.

"Le indagini e i fatti attraverso esse emersi non possono in alcun modo togliere rilievo ai crimini commessi ai danni della popolazione palestinese successivamente al 7 ottobre 2023 nel corso delle operazioni militari intraprese dal Governo di Israele" è il primo passaggio firmato dal Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo e dal capo della Procura di Genova, Nicola Piacente. I due alti magistrati continuano spiegando che per i crimini israeliani "si attende il giudizio da parte della Corte Penale Internazionale, da rendersi in conformità allo Statuto di Roma, ratificato da 125 Stati Membri, fra i quali, in un ruolo di impulso e sostegno, l'Italia".

Una specie di excusatio non petita per avere sbattuto in galera personaggi, come Mohammad Hannnoun, il capo della rete, sempre in prima fila nelle manifestazioni pro Pal. La coppia di magistrati, bontà loro, hanno poi ribadito che "tali crimini (israeliani nda) non possono giustificare gli atti di terrorismo (compresi quelli del 7 ottobre 2023) compiuti da Hamas () ai danni della popolazione civile". E concludono spiegando in punta di diritto che il terrorismo rimane tale "anche se presente in territori che, in base al diritto internazionale, devono ritenersi illegittimamente occupati". Una chiusura del comunicato stampa che suona politica e attira subito il siluro verbale di Maurizio Gasparri. "È incredibile che il Procuratore nazionale antimafia, Melillo, con altro sodale ligure, si abbandoni a giudizi politici su Israele e il Medio Oriente, prendendo a pretesto la screditata corte penale internazionale" dichiara il capogruppo al Senato di Forza Italia.

E aggiunge ancora più duro: "Del resto, la Procura antimafia è un luogo che spesso favorisce epiloghi politici. Abbiamo visto le gesta dei suoi predecessori che si sono tutti candidati nel Parlamento nazionale o in quello europeo con la sinistra". Melillo, nella sua lunga carriera, è stato anche capo gabinetto del ministro della Giustizia, Leoluca Orlando, nel governo Renzi.

L'aspetto più inquietante che c'è voluto un quarto di secolo per fermare la rete terroristica. Nella stessa ordinanza si sottolinea che fin dal 1991 "veniva segnalata la presenza presso il Centro islamico genovese di una cellula di Hamas coordinata dal giordano-palestinese Hannoun Mohammed". Nel 2001 una perquisizione scopre documenti del gruppo terroristico e l'ingegnere, capo popolo, comincia a invitare "personalità di spicco del mondo islamico i cui interventi esaltavano la strategia del terrore", come la diretta telefonica con il fondatore di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin. Nel 2003 erano già state raccolte prove sull'"esistenza, in Italia, di una cellula dell'organizzazione terroristica" legata da Hannoun, ma è finito tutto in una bolla di sapone, nonostante il procuratore di allora, Piacente, fosse lo stesso di oggi. Il gip di Genova, Maurizio De Matteis, respinse la richiesta di arresto per Hannoun e Said Al Jaber sostenendo che "il fenomeno della solidarietà ideale delle organizzazioni terroristiche, per quanto aberrante, non trova sanzione penale". In pratica anche se avevano finanziato Hamas non potevano venire processati.

Dopo la doppia sanzione degli Usa ad Hannoun, in seguito al 7 ottobre, indicandolo come finanziatore e referente di Hamas in Italia, sempre il procuratore Piacente invitava gli Stati Uniti a fornire "documentazione utile per nuovi approfondimenti investigativi".

Da Washington avevano fatto sapere a brutto muso che "Hannoun è in Italia e ve le dobbiamo fare noi le indagini?".

Non a caso, Dario Rossi, il suo difensore, sottolinea che dal "2003 al 2010" l'assistito "è stato sottoposto a indagini per lo stesso reato. Tutto archiviato dopo anni di indagini e intercettazioni".

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