Produttività ferma e tasse elevate. Con questi macigni la paga "per legge" è solo un danno

Nel ventennio prima della pandemia la produttività del lavoro in Italia è aumentata appena del 3%, contro il 20% della Germania, il 19% della Francia e il 17% della Spagna. È quanto emerge da uno studio di Assolombarda del 2021, basato su dati Eurostat

Produttività ferma e tasse elevate. Con questi macigni la paga "per legge" è solo un danno
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Nel ventennio prima della pandemia la produttività del lavoro in Italia è aumentata appena del 3%, contro il 20% della Germania, il 19% della Francia e il 17% della Spagna. È quanto emerge da uno studio di Assolombarda del 2021, basato su dati Eurostat. Il dibattito sul salario minimo a 9 euro rischia di diventare una risposta semplice a un problema complesso segnalato dai dati. È giusto opporsi all'impoverimento delle retribuzioni, ma la differenza sta nel metodo con cui si arriva alla soluzione del problema. E se questo è davvero l'obiettivo, non si può ignorare l'elefante nella stanza, ovvero quanto valore aggiunto si produce per ora lavorata. Un lavoro produttivo abbatte i costi e spinge verso l'alto le retribuzioni. L'Italia, su questo piano, non va affatto bene anche considerando gli anni recenti: un report Istat basato sul periodo 2014-2021 ha evidenziato che la crescita media annua della produttività del lavoro nel nostro Paese è stata dello 0,6%, contro il +1,3% dell'Unione europea a 27. Il risultato è che l'Italia, nel 1995, aveva un Pil pro capite di 9 punti superiore alla media europea e ora si trova appena sotto (circa 33mila dollari, contro 34mila). E gli stipendi? Secondo dati Ocse, tra 1990 e 2020, sono scesi del 2,9% in termini reali a fronte di aumenti corposi di altre economie mature.

Difficile, quindi, che l'istituzione di un salario minimo possa risolvere da sola il problema del lavoro povero. Questa è anche la posizione del Cnel presieduto da Renato Brunetta, che nell'audizione dello scorso luglio alla commissione Lavoro della Camera ha elencato tra i problemi che ostacolano la crescita dei salari in Italia i «rinnovi contrattuali, la crescita del costo della vita, la diffusione del dumping contrattuale (la concorrenza sleale di accordi firmati da microsigle sindacali, ndr), fino all'elevato cuneo fiscale». Il salario, secondo il Cnel, è la «parte finale di un percorso di creazione di valore e non una banale determinazione di una tariffa astratta». In tal senso, alle proposte depositate dall'opposizione, prosegue, manca «il riferimento a possibili soluzioni in grado di affrontare il problema dei bassi salari dal lato della riforma fiscale e da quello della contrattazione ai vari livelli».

Su questo punto, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, afferma che per alzare gli stipendi «bisogna puntare sulla contrattazione collettiva e combattere i contratti pirata» oltre ad alzare «il livello complessivo delle buste paga attraverso la loro detassazione». Quest'ultimo punto, infatti, è un grande obiettivo del governo dal momento che, secondo dati Ocse, l'Italia nel 2022 ha avuto un cuneo fiscale del 45,9% (oltre 11 punti in più della media Ocse che è al 34,6%).

Altre critiche rispetto alla proposta di salario minimo avanzata dal centrosinistra arrivano proprio da una parte dell'opposizione. Il deputato di Italia Viva, Luigi Marattin, infatti ha sostenuto che un salario minimo a 9 euro lordi sarebbe troppo alto, poiché si collocherebbe al 75% del salario mediano (addirittura al 90% al Sud).

Si tratterebbe di un livello di molto superiore a quello suggerito dall'Unione europea (50-60%) con un'asticella tra le più alte al mondo. Va da sé che, in un'economia dove la produttività del lavoro cresce poco, aumentare troppo il costo del lavoro rischia di far crescere la disoccupazione e il lavoro nero.

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