La prof e l'alunno-papà: ora il bimbo rischia di essere tolto alla madre

Gli abusi e le mosse della procura per i minori. L'ipotesi di "interdizione" dal ruolo di mamma

La prof e l'alunno-papà: ora il bimbo rischia di essere tolto alla madre

Non saranno scelte facili, e comunque - spiega un addetto ai lavori - «verranno prese avendo come unica stella polare l'interesse dei minori coinvolti». Ma non si può escludere che la storia di Prato finisca con una scelta drastica: la sottrazione per via giudiziaria del bambino alla madre che lo ha messo al mondo grazie al rapporto sessuale con il ragazzino cui faceva le ripetizioni di inglese.

Parallelamente all'inchiesta per atti sessuali condotta dalla Procura della Repubblica di Prato si sta infatti muovendo in queste ore la Procura per i minorenni di Firenze, competente per territorio. Alla Procura dei minori spetta per legge intervenire non solo sui reati commessi da minorenni ma anche a tutela dei minori che siano, direttamente o indirettamente, coinvolti dai reati. Ed è ad essa che approderanno nelle prossime ore gli atti dell'inchiesta principale, compresi il primo e cruciale accertamento scientifico: l'esame del Dna, che ha confermato che il bambino partorito cinque mesi fa dalla donna è effettivamente figlio del suo allievo.

Neonato e ragazzino: entrambi in qualche modo vittime della vicenda, e entrambi bisognosi di essere protetti, nella vicenda potenzialmente devastante che li vede coinvolti. Una parte di accertamenti, inevitabilmente, andrà fatta anche sulla famiglia di origine del ragazzino, una sorta di «verifica della genitorialità» per capire quale sia stato il suo retroterra formativo: che un tredicenne subisca un simile abuso senza sentire il bisogno di confidarsi non è considerato normale, e - con tutte le dovute cautele - andrà cercata una spiegazione, senza voler in alcun modo colpevolizzare la famiglia della vittima.

Ben più delicato il capitolo che riguarda la donna sotto accusa, l'infermiera che ha coinvolto il suo allievo occasionale nella storia di sesso culminata con la gravidanza. In questo momento la donna è madre di un bambino di sette anni e del piccolo nato dalla relazione con il ragazzino di tredici. É ovvio che i comportamenti che le vengono attribuiti - e dei quali è sostanzialmente rea confessa - sollevano una serie di interrogativi sul suo equilibrio psicologico e sulla sua capacità di essere una buona madre per un figlio concepito con un padre non molto più grande di lui. Se al termine dell'istruttoria la Procura dei minori si convincesse che restare accanto alla madre sia nocivo allo sviluppo psichico del piccolo potrebbe sottrarglielo. Ma sarebbe una soluzione estrema, cui si arriverebbe solo se ci si convincesse che è il minore dei mali per il bambino.

Sulla donna pesa anche un altro rischio. La condanna penale appare inevitabile, i rapporti sessuali con un tredicenne sono puniti dal codice come la violenza sessuale perché a quell'età nessun consenso può essere preso sul serio. La madre rischia una condanna tra i cinque e i dieci anni, che potrebbe essere accompagnata da una interdizione legale, che la «sospenderebbe» dal ruolo di madre. Ma si tratterebbe di una misura temporanea.

A complicare ulteriormente la vicenda c'è il futuro anagrafico del piccolo, che è stato registrato automaticamente come figlio della donna e del marito.

Teoricamente, sulla base della perizia del Dna l'attuale padre potrebbe chiedere di disconoscerlo, ma non sembra che sia questa l'intenzione dell'uomo. Quello che è certo è che neppure una volta raggiunta la maggiore età il ragazzino che ne è il genitore naturale potrà rivendicare la paternità del figlio. Almeno questo esito surreale alla vicenda sarà risparmiato.

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