Ora se ne sono accorti tutti. Ma proprio tutti: da Grillo a Casaleggio, passando per Di Battista e Conte. Di Maio non è all'altezza della situazione. Già qualche mese fa il comico-fondatore lo aveva liquidato con parole che non traboccavano stima: «Abbiate pazienza, è giovane». Loro che si vantavano di aver abbassato l'età anagrafica del Parlamento e davano delle mummie a chiunque avesse girato la boa dei cinquant'anni. Solo una delle tante giravolte alle quali ci hanno abituato. Sabato, sempre da parte di Grillo, l'accusa più infamante per un grillino, quella di poltronismo: «Basta parlare di posti e punti». Una coltellata da venti punti (di sutura, non programmatici) inferta a Luigi Di Maio, visto che è proprio lui, in questi giorni, ad agitarsi per non perdere la cadrega da vicepremier e a sbandierare questi benedetti venti punti di accordo con il Pd.
Bene, ma Di Maio chi è? Chi se lo è inventato Di Maio? Chi lo ha pescato dagli spalti del San Paolo di Napoli per paracadutarlo sugli scranni di Montecitorio? Chi lo ha assemblato, costruito, preparato e programmato? Sulla carta d'identità risulta nato a Pomigliano d'Arco, ma all'anagrafe politica è nato alla Casaleggio Associati di Milano. Gigino è un ottimo hardware (sorride sempre, sa farsi il nodo alla cravatta, usa il coltello e la forchetta e non dice parolacce) all'interno del quale gli apprendisti stregoni della Casaleggio hanno installato il loro software. Troppo facile scaricarlo ora. Troppo ipocrita accorgersi adesso che per governare la sesta potenza occidentale servono preparazione e competenza, e non basta aver venduto bottigliette d'acqua (della quale, come ci ha insegnato il vicepremier, siamo composti al 90%). Ma Di Maio non è un grillino a caso, ne è il prototipo, è il grillino numero zero. Ora che la sua stella sta declinando - portandosi dietro probabilmente anche le altre Cinque -, se ne vogliono sbarazzare come se fosse un estraneo. Ma non sanno più come rottamarlo, come disinstallarlo, come smaltirlo. È diventato come un vecchio cellulare messo fuori gioco dall'obsolescenza programmata.
Il suo fallimento è il fallimento di tutto il Movimento, dell'idea che uno valga uno e che tutti possano fare tutto. In questo caso sì: Di Maio vale tutti e dunque i suoi errori sono quelli di tutti.E, caro Grillo, come cantava il tuo amico De Andrè: «Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti».
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