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Propaganda fascista, il parere delle Camere Penali

La legge sulla propaganda fascista analizzata dall'Unione delle Camere Penali riunite in audizione. Rilevati profili di incostituzionalità

Propaganda fascista, il parere delle Camere Penali

Sulla nuova legge riguardante la propaganda fascista, l'Unione delle Camere Penali avrebbe rilevato contrasti con alcuni principi costituzionali. Il 7 febbraio scorso, infatti, si è svolta, presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, l’audizione dell’Unione delle Camere Penali Italiane sul DDL n. 3343. L'oggetto, insomma, era quello relativo all’introduzione dell’articolo 293-bis del codice penale, "concernente" - si legge sul sito dell'Unione delle Camere - "il reato di propaganda del regime fascista e nazifascista". Il provvedimento è stato presentato dal Partito Democratico il 2 ottobre 2015 ed il primo firmatario è l'on. Emanuele Fiano. In queste ore, sul caso, si sta perpetrando un forte scontro politico tra il principale partito di maggioranza ed il M5S. Il testo di legge, infatti, si trova in iter di relazione. Ma cosa ha detto la Giunta delle Camere in merito a questa proposta?

Il parere è lungo e sviscera complessivamente tutta la proposta legislativa soffermandosi su alcuni principi di incostituzionalità e sulla sovrapposizione di parte del testo presentato con la già esistente legge Scelba. Leggiamo, però, quanto rilasciato dall'Unione stessa: "All’odierna audizione, tenutasi presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, hanno partecipato i componenti di Giunta Giuseppe Guida e Rinaldo Romanelli, i quali hanno rappresentato la posizione critica dell’Unione rispetto all’introduzione di tale nuova fattispecie di reato nell’ordinamento. In particolare sono stati sottolineati i profili di contrasto con i principi costituzionali dettati dagli artt. 21, 25 comma 2 e 117 della Costituzione. A riguardo sono stati richiamati i plurimi interventi della Corte Costituzionale e la giurisprudenza elaborata dalla Suprema Corte di Cassazione in merito al perimetro di applicazione dei reati di apologia del fascismo e di manifestazioni fasciste. La compatibilità degli stessi con il principio di libera manifestazione del pensiero è stata più volte affermata in ragione del fatto che assumono rilievo penale esclusivamente quelle condotte poste in essere in condizioni di pubblicità tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione del partito fascista...". I primi articoli citati sono tra quelli relativi alla sezione della Costituzione disciplinante i "Diritti e Doveri dei cittadini", l'art.117, invece, rileva in materia di potestà legislativa esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione.

Quanto eccepito dai penalisti, insomma, è sia il contrasto con alcune fattispecie della Costituzione sia l'esistenza, probabilmente già sufficiente, della legge Scelba. Conclude, infatti, il testo: "Per altro verso, l’eventuale entrata in vigore della nuova fattispecie di reato, nella parte in cui non si pone in contrasto con i dettami della Costituzione, determinerebbe ampie aree di sovrapponibilità con le fattispecie già delineate e punite dalla c.d. “Legge Scelba”. Si è, pertanto, concluso affermando che l’approvazione del DDL determinerebbe l’entrata in vigore di una norma in parte incostituzionale ed in parte priva di concreti effetti". La legge, quindi, rispetta certamente gli "obblighi internazionali assunti dall’Italia, derivanti dall’adesione alla Convenzione Europea per i diritti dell’Uomo e dunque, non in contrasto con l’art. 117 della Costituzione

608px;">", ma potrebbe aver esteso troppo il campo di azione giuridica e rappresentare, in fin dei conti, solo un mero doppione.

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