La "prova d'amore" di Franceschini e i messaggi cifrati tra Pd e magistrati

Il discorso in Aula contro la separazione delle carriere visto come un segnale sul referendum

La "prova d'amore" di Franceschini e i messaggi cifrati tra Pd e magistrati
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A ll'interno della magistratura, in particolare tra le correnti di punta dell'Anm, circola un timore: che nello scontro epocale col governo sulla riforma costituzionale della Giustizia non tutto il Partito democratico sia pronto a fare fino in fondo la sua parte per sbarrare la strada alla riforma. Che ad alzare le barricate contro la separazione delle carriere e il sorteggio del Csm rimangano solo i fedeli della segretaria Schlein, mentre il pezzo più garantista del partito potrebbe defilarsi dalla battaglia nel momento decisivo: il referendum che, verosimilmente nella primavera prossima, chiamerà gli italiani a decidere la sorte della riforma. Una sconfitta in quel referendum, per l'Anm sarebbe una catastrofe irrimediabile. Per avere una qualche speranza di successo, all'Anm serve che l'opposizione sia compatta e determinata. E il timore è che non lo sia.

È da questo scenario che bisogna partire per comprendere il mezzo putiferio sollevato dalle parole e dai pensieri attribuiti a Dario Franceschini, veterano della dirigenza Pd, in un articolo di ieri del Corriere della sera. Riportando passaggi dell'intervento in Senato dell'ex ministro della Cultura nel dibattito finale prima del voto sulla riforma, l'articolo sottolineava la nettezza con cui Franceschini ha ribadito l'opposizione del suo partito a entrambi i capisaldi della riforma, in particolare a quello che prevede l'elezione per sorteggio dei membri del Csm, "che potrebbe portare all'anarchia"; per sostenere la sua tesi Franceschini ha anche difeso energicamente il sistema delle correnti interne alla magistratura, che la riforma vorrebbe scardinare, e che invece per l'ex ministro sono un bene da tutelare, perché "svolgono un'opera di mediazione e di bilanciamento". Fin qui, nulla di strano: se tra le toghe circolavano dubbi sulla fedeltà del Pd alla loro causa, Franceschini le rassicura con quella che il Corriere definisce "una sorta di prova d'amore".

I problemi arrivano quando l'articolo mette in collegamento il giuramento in aula di Franceschini con le inchieste giudiziarie che da qualche tempo stanno toccando il Partito democratico: ovvero l'uragano scatenato dalla Procura di Milano contro la giunta Sala, e l'avviso di garanzia per corruzione all'ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci. Franceschini riterrebbe "non casuale" questo agitarsi delle Procure in direzione Pd, e lo interpreterebbe come un richiamo dei magistrati a fare "fronte comune" contro il governo di centrodestra. "Con il discorso in Parlamento - scrive il giornale - è riuscito a far sapere alle toghe di avere colto il loro messaggio". Insomma: non temete, stiamo con voi, ma in cambio calmatevi perché "alcune inchieste potrebbero compromettere il risultato della battaglia contro la riforma del governo".

L'ipotesi di una trattativa tra Pd e magistratura, con le inchieste usate come messaggi minatori e l'appoggio politico come merce di scambio, è tale da suscitare reazioni tra lo stupito e lo scandalizzato.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto scrive su X: "Spero che Dario Franceschini smentisca in modo inequivocabile e sdegnato la tesi di questo fondo e cioè che i pm possano usare i loro poteri per guidare la democrazia, utilizzando le inchieste contro la politica e che lui si sia sentito in dovere di intervenire in aula al Senato per chiarire che il segnale è arrivato chiaro e forte al Pd"; il deputato di Forza Italia Enrico Costa pretende anche lui una smentita immediata di Franceschini, che secondo il Corriere all'avvertimento delle toghe avrebbe risposto con "un messaggio di sottomissione del Pd a questo ricatto". La smentita arriva subito, l'ex ministro scrive che i retroscena non solo "non corrispondono in nessun modo la mia volontà e al mio pensiero, ma ne sono lontani anni luce". Chi ha ragione?

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