
Come sempre, quando si trova spalle al muro, non accetta la realtà ma la ribalta a suo piacimento. Non si piega al compromesso ma alza la posta. Non sente ragioni ma cerca di imporre le sue. Il gioco di Vladimir Putin è sempre lo stesso. E così, non è la Russia che da anni colpisce e uccide i civili ma l'Ucraina. Non è la Russia a volere la guerra ma l'Ucraina. Non è lui il despota ma Zelensky. E quindi, non si può trattare con Kiev. Anche se lui di mettere fine alla guerra d'invasione in Ucraina non ci pensa nemmeno, sullo Zar aumenta la pressione. Ieri Putin ha avuto prima un colloquio telefonico con Donald Trump, ancora una volta interlocutorio, poi con Papa Leone XIV, che per la prima volta ha parlato direttamente con lo Zar, rinnovando la sua offerta di portare avanti una mediazione ma ricevendo in cambio la solita narrazione di parte.
«I timori della Russia che il regime illegittimo di Kiev stia degenerando in un'organizzazione terroristica sono confermati dagli attacchi contro i civili», ha detto Putin durante un incontro con i membri del governo russo. Un governo, quello di Zelensky per lo Zar «marcio e corrotto» e colpevole «secondo tutti gli standard internazionali di terrorismo», facendo riferimento agli attacchi a convogli ferroviari dei giorni scorsi. Non solo. Putin, anche per mantenere la sua posizione di forza in patria, dice che quegli attacchi avevano lo scopo di far saltare i negoziati (gli stessi a cui lui non ha voluto presenziare), chiudendo ancora una volta l'ipotesi di un cessate il fuoco. «Perché premiarli concedendo loro una pausa dai combattimenti, che sarà utilizzata per rifornire il regime di armi occidentali, per continuare la mobilitazione forzata e per preparare diversi atti terroristici?», ha detto Putin, bloccando ogni ipotesi di negoziato diretto: «Sarebbe come negoziare con i terroristi».
La linea di Putin è stata confermata anche da Donald Trump, dopo la chiamata tra i due durata oltre un'ora. «Abbiamo discusso dell'attacco dell'Ucraina agli aerei russi e anche di vari altri attacchi che si sono verificati da entrambe le parti - ha scritto il presidente americano sui social - È stata una buona conversazione, ma non una conversazione che porterà a una pace immediata». Anzi, il tycoon ha confermato che Putin «dovrà rispondere al recente attacco agli aeroporti», spiegando che con lo Zar ha affrontato anche il tema del nucleare iraniano. La sensazione è che un disimpegno trumpiano possa diventare presto realtà.
Dopo Trump, Putin ha avuto un dialogo, il primo, anche con Papa Leone XIV. Se da una parte il presidente russo ha espresso apprezzamento per la spinta al negoziato di Prevost, dall'altra ha confermato in pieno le sue intenzioni. Secondo quanto riferisce il Cremlino, Putin ha detto al Pontefice che la Russia vuole la pace ma è l'Ucraina che cerca l'escalation. Con l'ennesima giravolta, ha poi confermato il suo «interesse a raggiungere la pace attraverso mezzi politici e diplomatici», tornando ad accusare Kiev di azioni di terrorismo, fingendo di ignorare quanto accaduto negli ultimi tre anni e mezzo.
Pressioni su un Putin che non si sposta di un millimetro, con Zelensky che però non si arrende e in collegamento con la riunione del gruppo di sostegno a Kiev di Bruxelles insiste: «Possiamo spingere la Russia verso la pace. Ma per farlo dobbiamo continuare a fare pressione su Mosca con tutti gli strumenti disponibili, rendendo la sua aggressione sempre più priva di senso. Dobbiamo usare ogni mezzo disponibile per ottenere la pace».
Zelensky è tornato a chiedere il supporto unanime dell'Occidente per mettere la Russia all'angolo costringendola a trattare, rinnovando la richiesta di armi e sistemi di difesa e dicendosi «pronto» a incontrare Putin, Trump e il presidente turco Erdogan «in qualsiasi momento», come proposto dal leader turco. Ma in ogni mediazione, all'appello manca sempre lui, Putin. Colui che ogni giorno, in tutti i modi e con tutti gli interlocutori, conferma che non ha nessuna intenzione di concludere la sua guerra.