Guerra in Ucraina

Putin costretto al pugno duro. Pieni poteri ai servizi segreti

Un'inchiesta e un decreto affidano la sicurezza dello stretto di Kerch all'Fsb. A Mosca cadono vertici militari

Putin costretto al pugno duro. Pieni poteri ai servizi segreti

«Putin ha iniziato con l'Fsb (l'intelligence russa), che fa saltare in aria la Russia, e finisce sotto il ponte con lo Sbu», i servizi segreti ucraini. La sintesi feroce di Kirill Martynov, vicedirettore della Novaya Gazeta a cui il Cremlino impedisce ancora di arrivare nelle edicole russe, restituisce in maniera brutale ed elegante la posizione di Vladimir Putin dopo l'attacco al ponte di Kerch, in Crimea. Uno smacco feroce, per il presidente russo, che lo aveva eretto a simbolo dell'annessione della Crimea e della sua grandeur. Ma anche il pretesto di un'escalation per Putin, che ha subito ordinato un'inchiesta e firmato un decreto in cui conferisce pieni poteri ai servizi segreti Fsb per rafforzare le misure di protezione del trasporto sullo stretto di Kerch, cruciale per gli approvvigionamenti militari dell'esercito russo.

L'esplosione del ponte è un colpo diretto all'immagine del capo del Cremlino, accompagnato da quel «buon compleanno» beffardo, auguratogli via Twitter dal segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa dell'Ucraina, Oleksiy Danilov, che insieme alle immagini dell'esplosione ha postato il video di Marilyn Monroe mentre intona «Happy birthday» a J. F. Kennedy, riferimento ai 70 anni appena compiuti da Putin.

Il regalo di compleanno è stato recapitato con un'umiliazione plateale al presidente. E la domanda è: come reagirà il Cremlino? Dopo l'escalation ucraina in Crimea, un'area considerata «la linea rossa» dal leader russo, Putin vuole e deve mostrare piglio deciso nella reazione. Di mezzo ci sono due questioni vitali: salvare la reputazione di leader di ferro e vendicare il durissimo colpo strategico-militare incassato.

«La reazione del regime di Kiev alla distruzione di un'infrastruttura civile evidenzia la sua natura terroristica», ha commentato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Perciò Putin ha messo ieri un altro falco, il generale Sergej Surovikin, al comando dell'«operazione speciale» in Ucraina, dopo aver promosso il ceceno Ramzan Kadyrov, che spinge per l'uso di armi nucleari, a colonello generale dell'esercito. Finora a capo delle forze aerospaziali, Surovikin era noto come «generale Armageddon» in Siria, l'uomo della battaglia finale tra il Bene e il Male, la stessa evocata da Joe Biden a proposito del rischio nucleare.

D'altra parte anche dalla Duma, la Camera bassa in Russia, arriva la spinta di Andrey Gurulev, membro del Comitato di difesa: «Serve sicuramente una risposta forte e la daremo», dice il deputato ed ex militare. Che invita Putin a una reazione efficace: «Il comandante sa prendere decisioni forti e ben bilanciate e lo farà. Sono sicuro che è giunto il momento».

Eppure, a declinare ogni responsabilità, tentando di cancellare le fonti dei media ucraini e l'esaltazione esibita dopo l'attacco, scende in campo la presidenza ucraina, sostenendo che potrebbe esserci «una pista russa» dietro l'azione, come un bis del sabotaggio a Nord Stream. «Il camion esploso è arrivato sul ponte dal lato russo. È in Russia che bisogna andare a cercare le risposte», ha spiegato a Meduza, Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky. «L'esplosione è il risultato di un conflitto tra l'Fsb/Pmc da un lato e il Ministero della difesa/stato maggiore russo dall'altro», è la conclusione della presidenza Zelensky. Poco dopo, vari media ucraini diffondono la notizia di arresti di esponenti militari a Mosca. Non arrivano conferme di operazioni speciali, ma diversi membri dell'esercito in settimana sono stati fatti dimettere e alcuni militari arrestati. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov puntualizza che per la Russia «la guerra nucleare è inaccettabile, «la nostra politica nucleare è difensiva», è l'Occidente che «spinge sulla retorica nucleare». Serve «prevenire ogni conflitto atomico». Ma per restare saldo al potere, ora più che mai, Putin ha bisogno di mostrare il pugno duro.

O che gli venga offerta una buona via d'uscita.

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