
La parata di oggi sulla piazza Rossa di Mosca è molto più che una solenne commemorazione degli ottant'anni della vittoria sovietica sulla Germania nazista. Essa pretende di rappresentare davanti a tutto il mondo lo status di grande potenza militare della Russia, della solidità del regime personale di Vladimir Putin e del suo ruolo da protagonista nel tentativo in corso di sostituire la consolidata egemonia globale dell'Occidente a guida Usa con un nuovo ordine «multipolare» di cui Mosca e Pechino si dichiarano alfieri.
È questo il senso della presenza a Mosca, dove è arrivato già ieri, del leader cinese Xi Jinping. Ed è per questo che Putin ha tentato di garantirsi dal rischio di possibili attacchi nel «sacro giorno del 9 maggio» offrendo una tregua di tre giorni all'Ucraina che potrebbe non resistere alla tentazione di guastare la festa cui il suo aggressore tiene enormemente. Un attacco anche solo simbolico su Mosca compiuto oggi rovinerebbe l'immagine di superpotenza militare cui Putin ha sacrificato immense risorse e la vita di centinaia di migliaia di soldati russi in una guerra d'aggressione che dura ormai da tre anni e tre mesi, e che finora non ha nemmeno sfiorato gli obiettivi prefissati di conquistare l'Ucraina e sostituire Volodymyr Zelensky con un vassallo fedele al Cremlino.
Ma è la presenza di Xi, che si tratterrà in tutto per quattro giorni in Russia in una visita ufficiale che supera per il suo grande rilievo le sue dieci precedenti a Mosca da quando è presidente, a spiccare sullo sfondo della piazza Rossa. Perché la sua ostentata vicinanza a Putin conferma non solo la solidità, ma anche il fondamento strategico di lunga durata dell'alleanza russo-cinese, che è appunto basata su una salda intesa personale tra due dittatori. E al tempo stesso dimostra il fallimento del mal concepito (e malissimo interpretato dall'inadeguato inviato Steve Witkoff) disegno di Donald Trump di allontanare la Russia dalla Cina offrendo a Putin praticamente tutto quello che può volere dall'America.
A Mosca, in queste ore, Putin sta dimostrando che la sua alleanza con Xi è per lui assolutamente prioritaria, anche se il ruolo della Russia è quello di junior partner a causa dell'enorme inferiorità dell'economia russa rispetto a quella cinese. L'ambizione geopolitica di Putin è però fortissima: con il «caro amico Xi», che promette di voler «fermamente approfondire la cooperazione strategica con la Russia», egli invia al mondo intero, e in primo luogo all'Occidente, un chiaro segnale: Russia e Cina agiscono coordinati e i loro obiettivi sullo scenario globale sono comuni.
Fonti politiche e mediatiche cinesi e russe ripetono a oltranza in queste ore gli slogan della cooperazione tra i due Paesi: lavorare instancabilmente insieme per costituire un nuovo multilateralismo globale che rimpiazzi «l'egoistico unipolarismo a guida occidentale». Lo scopo di questo disegno è tirare nel campo russo-cinese il Sud Globale, ovviamente «nell'interesse della pace mondiale». Questo obiettivo è stato già in parte conseguito costruendo insieme organizzazioni internazionali come i Brics cui da anni partecipano soggetti pesanti come India, Brasile e altri.
Ma che il lavoro comune per la pace mondiale sia propaganda in malafede che nasconde un disegno di nuova egemonia è evidente: dalla Cina che tanto loda Putin non arriva una parola di condanna per la sua aggressione brutale all'Ucraina, semmai armi e combattenti sottobanco.
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