"Putin ha ucciso il futuro. E vive il totalitarismo ibrido"

Era ai vertici del più antico think tank russo, appena chiuso dal Cremlino: "L'attacco all'Ucraina è un suicidio"

"Putin ha ucciso il futuro. E vive il totalitarismo ibrido"

Andrei Kolesnikov è, o forse è meglio dire era, uno degli analisti più in vista del Carnegie Endowment di Mosca. Primo tra i centri studi indipendenti ad operare in Russia ai tempi della perestroika, il think tank è stato chiuso dal Ministero della Giustizia pochi giorni fa. La spiegazione: non meglio precisate «violazioni di legge». I vertici dell'istituto, tra i più prestigiosi per gli studi sulla società e la politica, hanno deciso di non commentare la decisione. Kolesnikov, che è anche editorialista e commentatore di riviste internazionali come Foreign Affairs, si è limitato a dire che nonostante l'ukase non lascerà la Russia: «È la mia casa e il mio Paese».

Lei ha espresso giudizi severi sull'attuale potere russo. Non avverte la chiusura come una minaccia?

«In effetti non posso dire di sentirmi del tutto sicuro. È questione di sperare che tutto vada per il meglio».

In Russia lo spazio per l'analisi e l'informazione indipendente si fa sempre più ridotto.

«La gente che vuole sapere la verità riesce comunque a informarsi. Per il momento l'accesso a Youtube è ancora libero e lì ci sono i video dei migliori team giornalistici. Poi ci sono le cosiddette reti private virtuali, semplici app che consentono di raggiungere i siti bloccati. Il fatto è che la maggioranza dei russi semplicemente non è interessata a un'informazione alternativa».

Lei di recente ha scritto che il suo Paese è entrato nell'era del «totalitarismo ibrido». Che cosa intende?

«Voglio dire che in Russia hanno fatto la loro comparsa alcuni aspetti tipici dei sistemi totalitari. Mi riferisco alla completa soppressione dell'opposizione, dei media e della società civile. E anche ai tentativi di mobilitazione artificiale della popolazione a sostegno del tiranno, come gli eventi di massa, l'incentivazione delle denunce, l'indottrinamento scolastico e così via».

Sempre di recente ha scritto che con «l'aggressione di Putin» è stato come se la Russia si fosse rivolta contro sè stessa...

«Esattamente, voglio dire che il Paese ha danneggiato se stesso, ha detto addio al suo futuro, alla sua vita normale, alla possibilità di una normale comprensione del mondo, si è privata di prezioso capitale umano».

Il Cremlino sembra in un vicolo cieco: non vince, ma non può perdere.

«Mi sembra che sia proprio così. Il problema è che può vivere e rimanere in questa condizione per anni».

La Governatrice della Banca centrale Nabiullina dice che così l'economia non può andare avanti a lungo, Putin ribatte dicendo che le sanzioni hanno già fallito. Chi ha ragione?

«Putin fa del training autogeno. La verità è che le sanzioni non hanno ancora fatto sentire tutti i loro effetti. In ogni settore ci sono due o tre mesi di riserve, ma il Paese non è in grado di sostituire le mancate importazioni. Ci sono enormi problemi per ogni cosa, dalla stampa ai medicinali. Arrivava tutto dall'estero. Escludo solo che i russi finiscano per fare la fame. Dopo tutto siamo un'economia di mercato».

C'è chi pensa che una spaccatura all'interno della nomenklatura o le proteste della popolazione per crisi e guerra finiscano per mettere nei guai il Cremlino. Un'ingenuità?

«Direi proprio di sì. Tutto quello che sta succedendo non fa altro che compattare la popolazione intorno a Putin. I russi sono ostaggi in un Paese sempre più isolato. Se sei in una fortezza assediata non ti resta che sostenere il tuo comandante. Naturalmente, parlo non di tutti i russi, ma della maggioranza conformista per cui le sanzioni sono un attacco all'intero Paese.

E per i russi l'Occidente che cosa può fare?

«Gli Europei dovrebbero smetterla di parlare di Stato canaglia ed essere più aperti verso i giovani russi e la società civile, facilitando la frequenza delle

università, le Borse di studio, i visti. Siamo una nazione normale in circostanze anormali e molti di noi guardano all'Occidente e alla democrazia come a un riferimento. Da anni in tanti e con impegno resistiamo a Putin».

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