Onorevole Perego, il richiamo di 300mila riservisti da parte di Putin rappresenta un salto di qualità nel conflitto?
«È una scelta che evidenzia da un lato l'escalation militare in corso da parte di Mosca e dall'altro una oggettività difficoltà a tenere il conflitto entro il perimetro di tempo e sforzo che Putin si era dato a febbraio. Questo è sinonimo di debolezza. La stessa che è emersa al recente vertice di Samarcanda dove alleati storici come Cina, India e Turchia che hanno dimostrato freddezza e distacco rispetto al prosieguo del conflitto, stimolando infatti l'avvio di un processo di pace. In questo perimetro di analisi allargato la mossa di Putin risulta l'ennesima prova di forza più che un salto di qualità, per non uscire da sconfitto e mostrare i muscoli laddove servirebbe invece buon senso e diplomazia».
La guerra nucleare fa più paura ora che anche la Cina frena le ambizioni di Putin?
«Un possibile conflitto nucleare non solo aprirebbe le porte di una terza guerra mondiale, ma sarebbe un disastro di proporzioni incalcolabili: una via di non ritorno. Putin continuerà a usare l'arma della deterrenza, ma l'ambizione di un singolo non può distruggere il mondo. Anche la Cina lavorerà e sta lavorando per sventare questo pericolo».
Lei è stato due volte in Ucraina. Che notizie ha da Kiev? Che aria si respira?
«Nelle due visite in Ucraina ho avuto modo di confrontarmi con i vertici del governo Zelensky e già allora lo spirito era quello di non considerare la resa come un'opzione praticabile, così come la possibilità di far diventare il Paese un'area di influenza russa. Parallelamente c'è anche la forte volontà di avviare il percorso di adesione all'Unione Europea, un percorso che sta trovando un terreno fertile nei dialoghi diplomatici in corso».
L'impegno diplomatico per portare Kiev nella Ue sta ottenendo i risultati sperati?
«Da parte dei Paesi europei e soprattutto dell'Italia l'impegno è e continuerà a essere massimo. Auspico che possa ritrovare un nuovo slancio in seno ai consessi internazionali e grazie al dialogo serrato che non è mai mancato tra le cancellerie europee e l'Ucraina».
Quali equilibri vanno modificati nello scacchiere orientale per garantire pace e stabilità?
«Va scongiurato un intervento cinese nello stretto di Taiwan.
Gli equilibri internazionali passano proprio da quel territorio che vedrebbe un coinvolgimento attivo di diversi attori tra cui appunto la Cina e gli Usa. Parallelamente bisogna incrementare il dialogo con l'India, Paese emergente che deve diventare un alleato dell'Occidente».
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