Guerra in Ucraina

Putin sceglie i fedeli (e striglia i ministri)

Promosso il poco vincente Gerasimov. Il vice-premier brutalizzato in tv

Putin sceglie i fedeli (e striglia i ministri)

Meglio un generale vittorioso o un generale di cui ci si può fidare? La risposta del Cremlino è arrivata con la nomina di Valery Gerasimov a capo delle operazioni in Ucraina. Una nomina superflua e ridondante. Una carica di cui il Capo di stato maggiore poteva anche fare a meno visto che da dieci anni comanda tutte le forze armate russe, comprese quelle impegnate nell'Operazione Speciale. Un' «operazione» che Gerasimov non ha certo gestito da grande condottiero durante il drammatico primo mese di guerra quando, sul fronte di Kiev, le colonne russe si sono ritrovate alla mercé degli ucraini. Ma dietro quella nomina c'è un messaggio a Sergej Surovikin, il generale Armageddon fin qui vittorioso sul campo, ma forse troppo avventato nello scendere a patti con il boss della Wagner Euvgeny Prigozhin e con quel «partito della guerra» pronto a conquistare - dopo Soledar - anche il cuore e la mente del popolo russo. Surovikin - retrocesso dopo solo tre mesi da capo delle operazioni in Ucraina a vice dello stesso Gerasimov - potrebbe, insomma, aver fatto il passo più lungo della gamba calpestando i suoi stessi successi.

Entrato in campo mentre la mobilitazione di 300mila uomini rischiava di trasformarsi in un fallimento a causa di scarse dotazioni, addestramento improvvisato e pregresse ruberie, Surovikin è riuscito a ribaltare la partita. Grazie a una campagna missilistica spietata, ma efficace, ha paralizzato il nemico bloccandone le possibili controffensive. Contemporaneamente ha introdotto un addestramento scaglionato, ma efficace dei riservisti, creando seconde e terze linee capaci di evitare ritirate disastrose come quelle di Karkhiv e Lyman dello scorso settembre. E quando, come a Kherson, ripiegare è stato inevitabile ha guidato una ritirata ordinata e indolore. Ma come si è visto a Soledar la scelta più efficace è stata la riorganizzazione delle operazioni offensive accompagnata dal blocco dei rifornimenti e dei rinforzi ucraini. Su quel fronte la Wagner è stata impiegata come forza di sfondamento mentre l'esercito martellava le linee logistiche di Kiev e le milizie delle repubbliche filo russe garantivano il rastrellamento delle aree conquistate. Per conseguire quei risultati, Surovikin ha dovuto però offrire un ruolo di primo piano a Prigozhin e ai suoi «orchestranti». Un ruolo sfruttato dal boss della Wagner per uscire dal cono d'ombra in cui operava precedentemente e conquistarsi una popolarità che inizia a preoccupare il potere moscovita. Anche perché la fama conquistata in pochi mesi si coniuga con la disponibilità di almeno ventimila uomini ben addestrati, meglio armati e soprattutto assai più motivati dell'esercito convenzionale. Quanto basta per preoccupare non solo i vertici della Difesa, ma anche un Vladimir Putin abituato a muoversi all'interno dell'anello di sicurezza garantito da capi della sicurezza e della difesa legati a lui da rapporti di fiducia e potere decennali. Un anello in cui non c'è spazio per nuovi arrivati e attori poco controllabili.

Un avvertimento che traspare anche dalla inconsueta rudezza con cui il presidente ha strigliato il suo vice-premier Denis Manturov responsabile, ricoprendo anche la carica di ministro dell'industria, dei ritardi nella preparazione dei contratti indispensabili a garantire le forniture statali. «Denis Valentinovich, lei ha organizzato tutto, ma non ci sono i contratti. Perché fa finta di non capire?» - ha infierito Putin.

Facendo intendere, qualora ce ne fosse bisogno, che il vero e unico capo resta solo lui.

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