
Quando è impegno, è impegno. Quando è moda, è moda. Talvolta quando è impegno, è moda, e viceversa. Le due cose vanno a braccetto, ad esempio sul red carpet di Venezia 82. Rappresentazione plastica: Hollywood a braccetto con Gaza, Joaquin Phoenix che sfila sul tappeto rosso per il film sulla tragedia della Striscia, in aria di Leone d'oro, The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania. Glamour e macerie, feste sulla spiaggia e bombardamenti, intrattenimento e sterminio. Del resto è normale, non c'entra la buona o cattiva fede. Anzi, diamo per certo che la militanza sia sempre sincera, soprattutto quella in favore di telecamera. Si fa rumore dove si pensa di avere la massima visibilità. E qui la visibilità è mondiale. La Mostra del cinema è un'occasione troppo grande per far conoscere al mondo le tragedie ma anche se stessi. Se capita, perché no? Qui c'è gente orgogliosa delle proprie idee e pronta a metterci la faccia. Se poi si becca una foto e un titolo sul giornale, beh sono gli effetti collaterali della guerra mediatica. Ieri è toccato al cast di Elisa, il film di Leonardo di Costanzo in concorso, lanciare un appello per il boicottaggio di Israele. Doppia lettura, italiano e inglese, il regista è Valeria Golino. Per carità, sono arrivati ultimi ma non è una gara, e gli appelli poi sono intercambiabili, il primo era uguale a quello di ieri. Mai dire Hamas, mai dire sette ottobre, mai notare che erano innocenti anche i ragazzini israeliani: queste sono parole assolutamente out, fuori moda, estranee all'impegno. Mai un accenno, per dirne un'altra, agli ostaggi nelle mani di Hamas. Poi è arrivato il motoscafo dell'attivista e street artist Laika con l'attrice Anna Foglietta. Subito è partito l'appello, ci mancherebbe, questa volta a supporto della flottiglia in viaggio per Gaza. Foglietta ha anche spiegato: "Oggi l'arte è un'azione pacifica di sostegno alla flottiglia". Ecco, la definizione perfetta, alla moda, di cosa sia oggi l'arte impegnata. Non c'è neanche bisogno di dire a cosa si appellasse l'appello, già avete capito. Quando è moda, è moda, si diceva. Al Lido, ad esempio va di moda la kefiah, non in testa, per proteggersi dal sole a picco, ma al collo, come una sciarpa, utile a difendere la gola dagli spifferi che non ci sono. Il clima ieri era circa 30 gradi senza una bava di vento, mare azzurro, spiaggia piena. Va forte il salvaschermo dell'iPhone ultimo modello con la bandiera palestinese. Quando è moda, è moda, e questa è stata lanciata dall'attore Michele Riondino (a sinistra) che, al molo, scendendo dal taxi, ha sventolato lo smartphone con lo schermo palestinese al posto di un drappo palestinese. Ma c'è chi è andato oltre, vincendo a mani basse la coppa Volpi per la moda impegnata o per l'impegno modaiolo.
Una bellissima signora si è fatta incollare o forse addirittura cucire la bandiera della Palestina sulla preziosa pelle di una borsetta stilosa e presumibilmente parecchio costosa (a destra). Quando l'understatement è fotogenico al punto da diventar overstatement.