Quegli enti inutili sono una scatola vuota

RomaTanto rumore per nulla. Perché, diciamoci la verità, sono poco più di nulla i 32 milioni di euro che l'erario risparmierà, secondo i calcoli dell'Unione Province, con le nuove province light partorite dalla frettolosa riforma del governo Renzi. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il pretoriano renziano Graziano Delrio, aveva garantito di trattenere in cassa una cifra quasi cento volte superiore: 3,5 miliardi. Ma non è così: stabilito che le vecchie competenze provinciali saranno redistribuite tra «nuove» province e altri enti, l'unico risparmio vero è quello per le indennità che, pari appunto a 35 milioni per i 1.774 amministratori provinciali uscenti.

Ma non dovevamo vederci più? Agli italiani infatti era stato fatto passare il messaggio che - udite udite - gli enti locali intermedi tra Regioni e Comuni fossero stati sbianchettati. E invece si è trattato di un errata corrige e dalla finestra rispunta di soppiatto quello che era stato buttato fuori dalla porta. Alle «provincine» restano un pugno di deleghe minori (strade locali, edilizia scolastica, trasporti locali, ambiente) e agli amministratori eletti spetterà poca gloria e nessun soldo. Motivo per cui probabilmente la gestione delle tematiche provinciali finirà alla voce: varie ed eventuali.

Insomma, una riforma inutile e pasticciata, che sta passando quasi inosservata solo perché l'assenza di suffragio universale cancella la campagna elettorale, e riducendo tutto a manovre svolte al chiuso delle segreterie. Viene da chiedersi: ma non valeva abolirle del tutto le province? Certo, all'orizzonte questo passaggio c'è, ma intanto ecco queste strane elezioni di passaggio, distratte eppure assai complesse.

Già. Complesse. Gli uffici elettorali hanno già i capelli dritti pensando a quello che li aspetta. Prima di tutto, ci sono due tipologie di province: le nuove città metropolitane (Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova, Bari, Firenze, Bologna, Venezia e Reggio Calabria), nelle quali il presidente sarà di diritto il sindaco del capoluogo e si tratta di eleggere soltanto i consiglieri in numero variabile da 14 a 24 a seconda della popolazione. E le province vere e proprie, per le quali saranno eletti un presidente (si possono candidare i sindaci dei comuni del territorio) e i consiglieri in numero variabile da 10 a 16, che vengono scelti in liste composte da sindaci, consiglieri provinciali uscenti e consiglieri comunali del territorio provinciale che hanno a disposizione una preferenza.

Ma siccome secondo il legislatore non è giusto che il voto del sindaco di Roma abbia lo stesso peso del consigliere comunale di Affile, ecco l'invenzione perversa: il voto ponderato.

Tutti gli elettori saranno «pesati» in funzione della grandezza del comune che rappresentano: nove range di popolazione che danno vita a un coefficiente per ogni voto secondo un meccanismo assai complicato che non staremo a spiegarvi. Basti sapere che in molte province basterà che sindaco e consiglieri del capoluogo si accordino per «uccidere» la competizione elettorale. Una cosa che vale molto di più dei 35 milioni «salvati».

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