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Quei numeri che inchiodano il Pd: cosa successe alle Ong con Lamorgese

Quei numeri che inchiodano il Pd: cosa successe alle Ong con Lamorgese

Al governo del Paese c’è la destra e tornano puntuali come un orologio svizzero le navi delle ONG. Battelli battenti bandiera straniera (norvegese e tedesca quelle più in voga) che fanno la spola tra le coste libiche e quelle italiane. Caricano e scaricano centinaia, migliaia di migranti disperati e li traghettano fin dentro i nostri porti. Navi umanitarie ribattezzate come “taxi del mare”. D’altronde quello fanno, da anni. Giorgia Meloni e il suo governo hanno promesso battaglia. Una battaglia partita già con Matteo Salvini (allora ministro dell’interno) nel governo “Conte uno”. Ma a chi oggi grida allo scandalo - compresi Enrico Letta e Giuseppe Conte - e dà al neoministro Matteo Piantedosi del "sequestratore", è giusto ricordare che a bloccare navi fu anche il governo giallo-rosso "Conte due", con Luciana Lamorgese alla guida del Viminale. Quello con il Movimento 5 stelle e il Partito Democratico per intenderci.

I DATI

A parlare sono i numeri, i dati, non le ideologie politiche. Luciana Lamorgese, nel pieno dei suoi poteri (con un governo di sinistra), ha bloccato contemporaneamente sette navi umanitarie tra il 9 ottobre e il 21 dicembre del 2020. La Jugend Rettet, Sea Watch3, Sea Watch4, Eleonore, Alan Kurdi, Ocean Viking e Louise Michel. Nell’estate del 2019, invece, con il leader leghista alla guida del ministero dell’Interno, non si è mai andati oltre le quattro navi delle organizzazioni umanitarie bloccate. Facile intuire che la linea dura di Matteo Salvini è stata seguita anche dalla Lamorgese dopo la conclusione del suo mandato al Viminale. Almeno prima dell'arrivo a Palazzo Chigi di Mario Draghi, quando la linea ha virato ulteriormente a sinistra (prova ne è che il 2022 ha segnato un record di sbarchi).

Ma c’è di più. Fino a settembre del 2019 (data della nascita del Conte due con l’avvicendamento tra Salvini e Lamorgese) contro le navi umanitarie si usava il sequestro penale con il blocco dell’imbarcazione. L’equipaggio (e di conseguenza la nave utilizzata per trasportare i migranti) veniva accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina secondo il decreto Sicurezza bis scritto dall’allora prefetto e oggi ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Dalla primavera 2020 in poi, con Luciana Lamorgese, la misura viene sostituita dal fermo amministrativo della nave. A pagarne le conseguenze a maggio e a giugno la Alan Kurdi e la Aita Mari, la Sea Watch3 e la Ocean Viking a luglio, la Sea Watch4 a settembre, di nuovo la Alan Kurdi e poi la Louise Michel a ottobre. Mica poche. Provvedimenti più sottili e, soprattutto, eseguiti senza alcun clamore mediatico. Tutto fatto in sordina, con la complicità dei giornali di area. L’esatto contrario della politica comunicativa di Salvini che ha attirato sull’Italia gli obiettivi di mezzo mondo.

Ma un fatto è certo: la stagione dei porti chiusi è stata sposata inizialmente anche da Luciana Lamorgese che ha tenuto in mare le navi delle organizzazioni non governative per ben 289 giorni. Lasciandole in attesa di un Pos (porto sicuro) per 157 giorni. È onesto ricordarlo.

Sarebbe onesto ammetterlo per chi oggi accusa Meloni di avere un cuore di pietra.

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