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Quei soldi all'estero della coop Soumahoro. I migranti tra le blatte

I pm indagano sulle condizioni dei profughi e sui bonifici finiti in Africa

Quei soldi all'estero della coop Soumahoro. I migranti tra le blatte

I migranti al freddo, in stanze sovraffollate infestate da blatte e topi. Mentre una parte dei soldi che dovevano essere usati per l'accoglienza dei richiedenti asilo venivano dirottati, grazie a società fittizie, verso l'estero e precisamente in Ruanda, paese natale dei familiari dell'onorevole Soumahoro che gestiscono le cooperative finite al centro dell'inchiesta della procura di Latina. È una delle accuse che i giudici muovono a Marie Terese Mukamitsindo, Liliane Murekatete e Michel Rukundo, indagati in quanto negli anni amministratori delle cooperative Karibu e Consorzio Aid che gestivano i servizi Sprar e Cas (per accoglienza dei richiedenti asilo) in provincia di Latina.

I fari delle indagini si sono accesi dopo una serie di denunce relative sia alle condizioni di vita in cui venivano costretti gli ospiti dei centri sia rispetto ai soldi che non erano mai sufficienti per pagare gli stipendi ai dipendenti, molti dei quali attendono ancora il dovuto.

Da qui magistrati e Fiamme gialle hanno aperto un vaso di Pandora che sembra contenere infiniti spunti. Spulciando le carte della cooperativa Karibu, la Guardia di finanza ha riscontrato «prelevamenti in contanti, bonifici verso l'estero, una difficile rendicontazione delle erogazioni, una gestione contabile non trasparente e distrazioni di denaro per finalità estranee alla gestione dei progetti». Alcuni di questi bonifici finivano, a quanto pare alla Karibu RW e a un certo Mutangana, che non è altro che Richard Mutangana, uno dei fratellastri di Liliane Murekatete, moglie dell'onorevole Soumahoro. In Ruanda, Mutangana gestisce attività di ristorazione. Il suo è un nome che ricorre spesso nelle carte della finanza di Latina, che ha analizzato i conti della Karibù e degli altri enti satelliti, come la Jambo Africa. Come si legge nell'ordinanza alcuni bonifici andavano su un conto riferibile a Mutangana (che ad oggi non risulta indagato). Il fratellastro di Liliane ha lavorato per molti anni nella cooperativa Karibu ma ha anche fatto investimenti in Ruanda, dove ha aperto un ristorante: Gusto Italiano. «Mio figlio ha aperto quel ristorante con la moglie chiedendo un prestito in banca. È tutto tracciabile», ha detto Marie Terese Mukamitsindo, la madre di Mutangana, quando uscì fuori la vicenda. Ma il nome di Richard torna anche nel sistema che secondo gli inquirenti era usato per evadere le imposte.

Secondo il sostituto procuratore Andrea D'Angeli, gli indagati avrebbero evaso per anni le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, inserendo nelle dichiarazioni dal 2015 al 2019 elementi passivi fittizi e costi inesistenti. Il tutto attraverso una serie di fatture per operazioni inesistenti emesse da Aid e Jambo Africa, società che facevano riferimento sempre alla coop Karibu. E il legale rappresentante della Jambo, che si sarebbe dovuta occupare delle vittime di violenza, del resto era Mutangana, e l'associazione aveva sede legale a Sezze (Latina), negli stessi locali della Karibu.

Nell'ordinanza il gip Giuseppe Molfese parla di «un collaudato sistema fraudolento fondato sull'emissione e l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Evasione fiscale e soprattutto costi non deducibili inseriti nella dichiarazione così da giustificare, in sede di rendicontazione la richiesta di finanziamenti alla Direzione Centrale del richiedenti asilo e rifugiati».

Insomma, una gestione amministrativa opaca a fronte di servizi di accoglienza migranti da brividi, macchiati da soprannumero di ospiti, carenti condizioni igieniche, assenza di derattizzazione e deblattizzazione.

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