Quell'algoritmo che scatena le maxi-vendite

Quell'algoritmo che scatena le maxi-vendite

La speculazione che ha travolto Piazza Affari e le altre Borse internazionali, non ha né volto né nome. Da almeno un decennio i «lupi di Wall Street», i signori della finanza mondiale, sono gli algoritmi. I freddi software che operano su strategie basate su calcoli matematici, statistici e quantitativi, hanno ormai sostituito l'uomo nelle contrattazioni, grazie alla loro capacità di gestire in piena autonomia e in pochi secondi compravendite in grado di muovere piazze finanziarie a livello globale.

E le scene finali di «Trading places» («Una poltrona per due»), con Dan Aykroyd e Eddie Murphy che conquistano la Borsa a suon di un ritmo farneticante di ordini di vendita e di acquisto urlati e annotati? Preistoria. Per avvicinarsi ai meandri della finanza attuale più che a Hollywood è meglio rivolgersi alle librerie. I meccanismi di questo scenario che sembra uscito dalla penna di Philip Dick e invece è concreto ormai da anni, sono descritti da «6/5-La rivolta delle macchine» una via di mezzo tra un thriller finanziario e un saggio di Alexandre Laumonier, esperto di high frequency trading e intelligenze artificiali.

Gli ordini di acquisto e di vendita sono in gran parte portati a termine senza l'intervento umano. L'intelligenza artificiale detta la strategia - già oggi i fondi quantitativi gestiscono oltre mille miliardi di dollari e usano ampiamente l'intelligenza artificiale, ed entro il 2021 si stima che oltre 2,8 miliardi di investimenti vengano decisi solo da robot - e circa due terzi degli scambi sono decisi da algoritmi in modo interamente automatizzato. Il che significa che, in circostanze eccezionali come quelle attuali, possono essere inviati ai mercati un gran numero di ordini molto simili con l'effetto di scatenare la volatilità alle stelle e innescare ulteriori ondate di vendite.

Se infatti un titolo raggiunge un determinato livello di prezzo l'algoritmo avvia una strategia «stop loss» ovvero trasmette un comando di vendita per limitare le perdite.

Nient'altro è preso in esame quindi se non il prezzo, né il caos temporaneo (si spera) e neppure il fatto che, potenzialmente, i titoli da vendere offrono patrimoni netti maggiori della capitalizzazione di Borsa, buone prospettive di crescita e rendimenti interessanti. Il prezzo diventa quindi il solo elemento rilevante, ma più che riflettere il valore concreto di una società, traduce le strategie quantitative dettate dagli algoritmi.

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