«Si torna in grande stile, freak pronti e molesti» scrive così, sulla sua pagina facebook, il locale Cayo Blanco dopo la decisione del Tar di farlo riaprire il 14 agosto nonostante il questore di Venezia ne avesse ordinato la chiusura per 15 giorni a partire da otto giorni fa. La chiusura era stata stabilita dopo un grave episodio di razzismo manifesto contro un ragazzo italiano di origini etiopi che era stato respinto all'entrata perché di colore.
Ha vinto una ragione economica: se il locale fosse rimasto chiuso a ferragosto sarebbero saltati eventi già organizzati e prepagati con grave danno per la proprietà. Il gestore ha attribuito la responsabilità al suo servizio di sicurezza mostrando foto di alcune serate in cui tra gli ospiti c'erano anche persone di diverse etnie. Quando all'ingresso il diciottenne ha chiesto il motivo di quel rifiuto gli è stato detto che persone di colore avevano rubato all'interno del locale e da qui la decisione di non farne entrare più.
In realtà non c'era stato nessun furto e gli insulti erano due: i neri rubano, quindi tu, nero, qui non entri.
La madre del giovane in un'intervista ha raccontato di aver sentito addosso l'umiliazione subita dal figlio quella sera e per questo lo ha raggiunto sul posto ma senza riuscire ad ottenere una spiegazione plausibile. La donna su la Repubblica ripercorre la vita dei suoi figli adottivi che, riflette, fortunatamente, non erano mai incappati in episodi di discriminazione razziale. Anzi, dice, Adria, la cittadina in cui vivono l'ha accolti, coccolati e a scuola sono sempre stati amati da tutti. La preoccupazione arriva ora che i suoi ragazzi iniziano ad uscire dal paese in cui sono cresciuti e a doversi confrontare con una Italia incattivita che stenta a riconoscere.
Ma da Adria il giovane Pietro si era allontanato di soli 30 chilometri, per raggiungere Sottomarina che è una frazione di Chioggia, e non certo una grande città. La responsabilità attribuita a questa Italia incattivita dovrebbe forse essere riversata sull'illegalità che è tollerata in molti di questi locali frequentati dai ragazzi dove alla luce del sole circolano droghe, alcol, si fanno risse e i buttafuori usano la violenza per respingere ospiti indesiderati con criteri a noi sconosciuti.
Il sabato precedente al Cayo Blanco un cliente spinto fuori dal locale e colpito con calci e pugni ha riportato fratture alla mascella e al perone, con trenta giorni di prognosi.
Il buttafuori picchiatore potrebbe essere lo stesso violento che ha impedito a diciottenne l'accesso in base al colore della pelle ma a quanto pare era ancora li a dare il meglio di sé. Eppure il Tar ha deciso che otto giorni di chiusura potevano bastare.
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