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"Con questi risultati guerriglia continua. Le riforme? Sarà dura"

Il politologo: "Faranno una legge elettorale pasticciata. Sui collegi temo manipolazioni"

"Con questi risultati guerriglia continua. Le riforme? Sarà dura"

Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all'Università di Bologna e autore di un recente, allarmato studio dall'eloquente titolo Minima moralia. Sei lezioni di democrazia, si è battuto strenuamente per il No.

Professore, partiamo dalle basi: quali sono i suoi timori per la democrazia?

«Temo un Parlamento di cooptati e nominati che non faranno una legge elettorale competitiva, temo ancora le pluricandidature e la mancanza di un voto di preferenza. Temo che non faranno molto di più e che si dedicheranno a una sorta di guerriglia interna perché bene o male M5s di voti ne ha persi e il Pd ha guadagnato peso e cercherà di ridistribuire qualcosa».

Vuol dire che vede le riforme come impossibili?

«La mia impressione è che sarà non dico impossibile ma difficile fare le riforme perché ci sono altre priorità. La priorità vera è preparare i progetti per avere i fondi europei e la seconda priorità è il ricorso al Mes e quindi come spendere i fondi che sono già disponibili, cosa sulla quale i 5stelle invece sono contrari. I problemi sono anche ben altri».

Ovvero le priorità dell'Italia sono economiche? I 5stelle parlano di un taglio agli stipendi dei parlamentari.

«Adesso il taglio degli stipendi dei parlamentari, che sono alti, è più probabile che diventi reale rispetto a prima del referendum, ma rimane un provvedimento demagogico».

L'affluenza è stata inferiore di oltre 10 punti a quella per la riforma Renzi- Boschi del 2016 e un terzo dei votanti si è espresso contro il Sì. Esiste un partito del No?

«Non esiste un partito del No perché sono elettori con preoccupazioni diverse. C'è stato un notevole rimescolamento e qualcuno che nel 2016 ha fatto campagna per il Sì ora si è schierato per il No e viceversa. La partecipazione di poco più del 50% non è comunque un buon segno perché significa che il Sì non ha convinto coloro che hanno un atteggiamento antipolitico e forse anche antiparlamentare e che il No non ha convinto una parte degli elettori a non astenersi».

Quali le ferite alla Costituzione?

«Si squilibra il rapporto tra governo e Parlamento. Il premier e i suoi ministri acquisiranno inevitabilmente più potere. Meno parlamentari avranno enormi difficoltà a far funzionare il Parlamento. I parlamentari che lavorano sanno che bisogna lavorare molto e che se devono controllare il governo, il governo ha molti vantaggi su di loro perché i ministri hanno uno staff politico, magari di 40 persone, che si sono scelti loro, e uno staff burocratico. Ora i parlamentari saranno di meno, con meno informazioni e competenze».

Che futuro si aspetta per la legge elettorale?

«Andrebbe bene il proporzionale alla tedesca ma nella sua interezza, non come lo stanno manipolando in commissione Affari costituzionali. Invece faranno una legge elettorale pasticciata e Renzi, Calenda, Leu non accetteranno mai la soglia di sbarramento del 5%».

La legge del 2019 che ridisegna i collegi è sufficiente?

«No, bisogna ridisegnare i collegi da capo a fondo in modo che siano rappresentativi dello stesso numero di elettori: al massimo con una differenza di 10mila elettori in più o in meno. Altrimenti è una manipolazione».

Teme perdite di rappresentanza per borghi, comunità montane, piccoli territori?

«La rappresentanza non è solo di territori ma degli elettori. Anche chi vive in montagna si candida e viene eletto. Ma chi viene eletto in un collegio deve rappresentare gli interessi degli elettori del collegio e non del potente capopartito che lo ha messo lì. Chi è stato nominato non può».

Con tali squilibri, questo Parlamento può eleggere il Presidente della Repubblica?

«Non trovo preoccupante questo discorso, perché 58 rappresentanti delle regioni, che arrivano da luoghi diversi, con opinioni diverse, non saranno mai un blocco compatto che impone la propria volontà agli altri 600. È questo il Parlamento che elegge il Presidente, non quello ridotto. Dureranno fino al 2023».

Come valuta l'abbassamento a 18 anni dell'età di voto per il Senato?

«Una stupidata pazzesca. Protestano per questo bicameralismo che definiscono - sbagliando - perfetto - e introducono un altro elemento che rende le Camere ancora più eguali. Al contrario, dovrebbero differenziare le Camere nelle competenze».

Chi ha vinto? Ha pesato di più la spinta dei 5stelle, il sì di Zingaretti o il sì di Conte?

«Ha pesato di più che è la riforma dei 5Stelle. Poi che Conte abbia detto di votare sì ha contato perché gode di una popolarità del 60%.

Il Pd ha dato l'indicazione per il Sì e quindi può giustamente rivendicare anche lui la vittoria al referendum».

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