Il "Blue Whale" e la pigrizia delle famiglie

Il "Blue Whale" e la pigrizia delle famiglie

«Blue Whale», la sfida social tra adolescenti che consisterebbe nell'affrontare prove pericolose, di cui l'ultima fatale, sta creando una psicosi collettiva tra i genitori. I ragazzini che aderirebbero al gioco mortale, e sono segnalati al Tribunale per i minori, sono sospettati dai genitori come fossero estranei da cui è possibile aspettarsi qualsiasi comportamento. Dei figli non conoscono le abitudini, lo stato d'animo e nemmeno il temperamento. È possibile non accorgersi neanche durante la colazione che un figlio ha le mani incise e tagliate con la lametta? È possibile non sentire che ogni notte alle quattro invece di dormire ascolta musica psichedelica perché qualcuno lo plagia via web? È possibile se si vive nella stessa casa come fosse un albergo, senza conoscersi come capita ai suoi occasionali frequentatori.

Se un adolescente si ferisce ripetutamente e prova, come prescrive il gioco, ad abituarsi all'idea della morte sedendosi sui binari del treno, vive in uno stato di angoscia profonda. Soltanto un individuo atarassico partecipando al «Blue Whale» riuscirebbe a conservare uno stato d'imperturbabilità, perché la sua malattia ha reciso i legami emotivi con l'ambiente che lo circonda e questo accade soltanto in certe affezioni psichiatriche gravi come la schizofrenia. Oppure questi genitori immaginano che uno sconvolgimento emotivo di questa entità possa avvenire a loro insaputa. Una fantasia che testimonia l'accidia che caratterizza molti rapporti familiari. Relazioni inconsistenti in cui i protagonisti sono indifferenti l'un l'altro, attratti dal cellulare e dalla tv più che dalla condivisione di gioie e dolori. Un posto d'onore nella quarta cornice del purgatorio dantesco, quella degli accidiosi, va al marito di Valentina Ventura. La donna avrebbe nascosto al marito nove mesi di gravidanza, avrebbe partorito il bambino nel bagno mentre lui, ignaro, era nella stanza da letto. Avrebbe lanciato il neonato dal balcone senza che lui, nel tran tran quotidiano, si rendesse conto di nulla.

Il suo sguardo per nove mesi non si è mai posato su di lei, non ha notato le modificazioni evidenti del corpo e la difficoltà della donna nel sostenere quella tragica commedia. L'uomo ha raccontato agli inquirenti che la mattina del parto ha sentito soltanto un lieve miagolio provenire dal gabinetto, ma sostiene di aver pensato fosse quello di un gatto abbandonato.

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