Politica

La sinistra e la sindrome della scissione

La sinistra e la sindrome della scissione

Alessandro Sallusti l'ha definita la Repubblica dell'odio, l'omonimo giornale e l'area politica conforme. Quella che inveisce contro Salvini chiedendone la cancellazione, mascherata da innocua e pacifica sardina. Fin qui si configura una concorrenza sleale, timore o repulsione per l'avversario politico, ma quando le vittime degli strali sono Gianpaolo Pansa appena deceduto o Craxi, morto ormai vent'anni fa, ribadendo finanche il diritto alla sua umiliazione, al pubblico ludibrio, con il lancio delle monetine, si può ipotizzare che ci siano sentimenti che non ineriscono alla competizione politica e alla difesa degli ideali di cui i personaggi in questione si ritengono eroici paladini. La sinistra fa un uso massiccio di meccanismi di difesa. Sono operazioni mentali per proteggere se stessi dall'angoscia, quando i fatti dimostrano che l'integrità e la superiorità morale di cui ci si fregia non esiste e non gli è più riconosciuta. Se gli elettori non votano a sinistra sono populisti animati dal nemico o convinti da menzogne di destra e quindi come ironizzava Brecht, ma con convinzione, se il popolo non è d'accordo bisogna nominare un nuovo popolo. L'artista per conservare la sua autostima scarica sul prossimo la responsabilità del suo fallimento attribuendogli la sua incapacità. Quando di fronte alla corruzione che coinvolge suoi esponenti reagisce fingendo che non sia vera o ancora da accertare mentre ne accusa l'avversario usa il meccanismo della negazione. Di fronte ai gravi fatti di Bibbiano hanno usato la scissione: considerare se stessi e gli altri come completamente buoni o cattivi, senza la capacità di integrare aspetti positivi e negativi nel rispetto della verità. E allora hanno accusato la destra di strumentalizzare i bambini a scopi politici mentre il sistema corrotto e consolidato da anni da un potere da loro attribuito era da discolpare perché non poteva essere cattivo ma soltanto buono. Onnipotenza del pensiero per cui anche se non risolvono la vita ad un solo immigrato sono soltanto loro i difensori del più debole. Sono gli altri ad essere razzisti mentre alimentano un antisemitismo mascherato da antiosionismo. Un'ossessione per certi temi grazie ai quali esibire un moralismo pari alla loro malcelata aggressività.

Più che cambiare nome avrebbero bisogno di una terapia psicoanalitica che gli aiuti a ritrovare se stessi e la loro identità al di là di idealizzazioni e manifestazioni di superiorità politica e culturale cui non credono più gli elettori ma in fondo neanche loro.

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