Politica

Le quote rosa? Le applicano gli azzurri

Le quote rosa? Le applicano gli azzurri

Chi l'ha detto che per raggiungere l'obiettivo delle quote rosa si debba passare dal rosso? Forse è meglio passare dall'azzurro. Anzi dalle azzurre. Ci spieghiamo meglio: per anni le vestali del politicamente corretto di sinistra ci hanno rotto le scatole con la favola delle quote rosa. Che poi, più che una favola, è un incubo sessista: inserire per legge un determinato numero di donne nella politica. A prescindere dalle loro capacità, dunque, ma solo in base all'appartenenza a un determinato genere sessuale. Una follia mortificante.

C'è veramente bisogno di «quote» per aumentare il numero di donne nella cosa pubblica? No, e, alla faccia delle varie Boldrini, lo ha dimostrato proprio quel centrodestra per tanti anni accusato di machismo, sessismo e pure fascismo. Domenica gli elettori umbri hanno incoronato governatrice, con un plebiscito, Donatella Tesei. Al momento unica donna a presiedere una regione in tutta Italia. Ed eletta tra le fila del centrodestra, non della sinistra veterofemminista. A sostenerla, insieme a Lega e Forza Italia, anche Fratelli d'Italia, unico partito guidato da una donna: Giorgia Meloni. E menomale che questi di destra erano maschilisti. Per non dimenticare Maria Elisabetta Casellati, presidente del Senato e quindi seconda carica dello Stato, eletta tra le file degli azzurri. A dimostrazione che l'unica quota che conta davvero è la competenza. La Boldrini ha dunque buoni motivi per brindare.

Alla vittoria del centrodestra.

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