Politica

La rabbia dei governatori: "È una farsa"

Zaia (Veneto) e Fontana (Lombardia) avvertono: «Ora i 5s si decidano»

La rabbia dei governatori: "È una farsa"

Milano Il Nord morde il freno. Scalpita e protesta per l'autonomia, che è sempre a portata di mano e sempre sfugge. Matteo Salvini non sa fin quando potrà tenere buoni i governatori leghisti, alle prese a loro volta con un malessere difficile da tacitare a lungo.

Il governatore veneto Luca Zaia non usa giri di parole per manifestare tutta la sua delusione dopo l'ennesimo stop imposto dal Movimento 5 Stelle. «Siamo davanti - scandisce - un'autentica farsa». «Sono stanco di vedere come alcuni vogliono portare l'autonomia verso l'agonia. Sappiano però che, finché ci sarò io, l'autonomia non sarà morta né, tanto meno, le istanze dei veneti». «È scandaloso che si continui a prendere in giro i cittadini - grida il doge leghista - non solo i veneti ma anche quelli delle dodici Regioni che hanno avviato passi in direzione dell'autonomia». E in Veneto è tutta una valanga di dichiarazioni di questo tenore, col presidente del Consiglio regionale, Roberto Ciambetti, che parla di «bugie» e «voltafaccia» di chi vuole rinviare sine die.

Il «Lombardoveneto» ha celebrato un referendum per chiedere con forza l'autonomia. Lo ha fatto il 22 ottobre 2017, 151 anni dopo la data del plebiscito che sancì l'annessione al Regno d'Italia di Venezia e delle province venete. E i cittadini hanno risposto, con buona affluenza e un trionfo di sì. Da allora è stato un continuo susseguirsi di scadenze perentorie e imbarazzati rinvii.

Anche il presidente lombardo, Attilio Fontana, è spazientito. «Il partito del no - attacca - vuole condannare il nostro Paese all'immobilismo e all'arretratezza». «Fa bene il ministro Erika Stefani a pretendere chiarezza, adesso basta: il Movimento 5 Stelle, senza accampare scuse, che sanno più di sceneggiata che di alto confronto politico, dica in maniera definitiva se vuole o no l'autonomia». «Una cosa è certa da parte mia, e sono certo di interpretare il pensiero del collega Luca Zaia - conclude Fontana - non accetteremo mai pateracchi tipici di una politica vecchia e sepolta».

Si sfoga, Fontana, prima di incontrare il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti, che definisce «strategica» l'autonomia. E prima di incontrare il premier, Giuseppe Conte, che arriva in serata a Milano con fare rassicurante, mentre la ex vicepresidente della Regione Viviana Beccalossi - che è uscita da Fdi proprio sull'autonomia, ed è peraltro in ottimi rapporti con Fontana - chiede di cancellare simbolicamente l'incontro per protesta. È la spia di un umore nerissimo che serpeggia e che al Pirellone ben rappresenta un leghista doc come Andrea Monti, sollevato che sia arrivato il «nodo». «E il nodo - spiega - è la vecchia liturgia di una classe politica meridionale antica e superata, che nemmeno più rappresenta gli elettori».

«Stupisce fino ad una certo punto - attacca - che a puzzare di vecchio siano pure gli esponenti di un movimento politico che ha fatto della novità il suo stesso motivo di esistenza».

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