Politica estera

La rabbia di Trump: "I giudici mi attaccano perché batterò Biden"

Tra le accuse: cospirazione per frodare gli Usa e ostruzione di procedura ufficiale

La rabbia di Trump: "I giudici mi attaccano perché batterò Biden"

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Cospirazione per frodare gli Stati Uniti, ostruzione di una procedura ufficiale, violazione dei diritti civili. In attesa di conferme, sembrano questi due dei principali reati contestati a Donald Trump, allertato martedì da un avviso di garanzia, che per stessa ammissione dell'ex presidente fra 3 giorni (quattro dalla notifica) potrebbe vederlo incriminato e in manette per la terza volta. La nuova indagine, coordinata dal procuratore speciale nominato dal ministero della Giustizia, Jack Smith, è l'ultima sul tentativo di rovesciare i risultati delle elezioni presidenziali del 2020, culminato con l'assalto al Congresso ed è destinata ad accompagnare da qui all'anno prossimo la campagna elettorale che sembra destinata a rieditare Usa 2020 quattro anni dopo: la seconda sfida fra Trump e Joe Biden per il 2024.

Inseguito dalle inchieste giudiziarie, ma ostinato ad andare avanti per vincere la nomination repubblicana ed essere incoronato candidato ufficiale e sfidante di Biden, Trump si conferma front runner dei repubblicani. Uomo di punta non solo per la caparbietà, ma anche perché i rivali interni faticano a pronunciare parole forti contro di lui, timorosi di inimicarsi gli elettori che credono nel mantra delle «elezioni rubate».

«The Donald» è tornato all'attacco del presidente in carica, in un'intervista a Fox News dall'Iowa: «Ogni volta che i sondaggi mi danno in vantaggio su Biden, la giustizia mi attacca. Non è mai successo nella storia degli Stati Uniti», ha commentato l'ex capo della Casa Bianca. Ma a colpire più di ogni altra cosa è la cautela con cui i suoi avversari repubblicani stanno trattando la vicenda. Il principale rivale interno, Ron DeSantis, governatore della Florida, appresa la notizia, ha prima affermato che Trump «avrebbe dovuto esprimersi con maggiore forza» contro i manifestanti che hanno preso d'assalto il Campidoglio. Poi, di fronte agli attacchi dei seguaci dell'ex presidente, il cambio di rotta e l'accusa di essere stato preso di mira per parole riportate fuori contesto. «Un conto è dire che Trump non ha fatto niente in quella circostanza, un altro è cercare di criminalizzare la vicenda. Tutti noi vogliamo una situazione in cui non c'è una parte che cerca costantemente di mettere l'altra parte in prigione. E questo purtroppo è quello che stiamo vedendo ora». Tradotto: anche DeSantis sposa la linea della persecuzione giudiziaria.

La speranza di chi vorrebbe vedere il partito cambiare rotta e chiudere con il trumpismo, è riposta proprio nell'Iowa, lo Stato dal quale i repubblicani filo-DeSantis intendono iniziare la riscossa, per ribaltare l'esito di una nomination che, per ora, sembra tutta nelle mani di Trump. Anche se indietro di quasi 30 punti percentuali nei sondaggi nazionali rispetto all'ex presidente, DeSantis e il suo team vogliono segnare qui, nel MidWest, un punto di svolta a gennaio. I guai giudiziari di Trump potrebbero aiutare il rivale interno. Ieri un giudice federale ha confermato il verdetto che a maggio ha condannato l'ex presidente a pagare 5 milioni alla scrittrice Jean Carroll, respingendo la tesi secondo cui la somma è eccessiva e che l'ex presidente è stato scagionato dall'accusa di stupro. Ma la strada sembra parecchio in salita per i rivali di Trump.

«Se fosse incriminato - dice il figlio, Donald junior - per gli Stati Uniti sarebbe la fine della civilizzazione».

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