La Rai ci riprova: il canone non basta

L'ad Fuortes al Parlamento: "È il più basso d'Europa". Bilancio, impossibili altri tagli

La Rai ci riprova: il canone non basta

«Il canone? Già è incongruo: non sono sufficienti i finanziamenti che riceviamo, figuriamoci se ci togliessero la pubblicità: andrebbe aumentato». Così, in soldoni, ha spiegato ieri l'amministratore delegato Rai Carlo Fuortes durante l'audizione in Commissione Lavori Pubblici del Senato nell'ambito dell'esame dei disegni di legge per la riforma della Rai. E appena ha pronunciato la parola «aumento» si è scatenato il putiferio perché la tassa - di 90 euro - che mantiene la televisione pubblica è una delle più odiate (e in passato anche più evase) dagli italiani. Fuortes - che già pochi giorni fa si è visto bocciare il budget 2022 da 3 consiglieri su 7 (quelli che lo hanno voluto al vertice della Tv di Stato) - ieri si è attirato ancora più antipatie. È bene precisare che l'ad ha risposto solo alla domanda dei senatori: è possibile togliere la pubblicità dalla Rai (cosa che permetterebbe un vero servizio pubblico come negli altri paesi europei)? «È assolutamente possibile, la scelta è politica - ha detto - ma il canone dovrebbe essere aumentato». Anche perché - ha spiegato - la parte di canone che ora arriva all'azienda «non è sufficiente a gestirla, è indiscutibile che l'azienda sia sottofinanziata, anche se nonostante questo abbiamo costruito un budget in pareggio per il 2022». Fuortes si riferisce al fatto che dei 90 euro pagati da ogni contribuente in bolletta, la Rai ne percepisce solo l'86 per cento per effetto delle trattenute: tassa concessione governativa, Iva e fondo per il pluralismo e l'innovazione. In sostanza 240 milioni in meno ogni anno. La parte di finanziamento derivante dal canone è molto superiore a quella derivante dalla pubblicità. Tuttavia - spiega ancora - è il più basso in Europa: in Svizzera e Austria è pari a 300 euro, in Germania a 220, in Gran Bretagna a 185, in Francia a 138. Se la parte del canone arrivasse integralmente - conclude - questo sarebbe sufficiente a gestire la Rai in modo diverso. Parole che hanno messo subito in allarme il mondo politico. In una nota i parlamentari della Lega dicono «no con chiarezza a qualunque ipotesi di aumento del canone.

Le parole di Fuortes sono inaccettabili perché nessuna riqualificazione può essere scaricata sulla pelle dei contribuenti». Pure il sindacato interno si è inalberato riproponendo la questione dei tagli all'informazione regionale. Insomma, quella parola «aumento» non è neppure da pronunciare.

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