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Alla Rai colpo del Pd con 4 poltrone su 9. E non è ancora finita

A conti fatti, quattro direzioni su nove sono vicine - o comunque non dispiacciono - al Pd.

Alla Rai colpo del Pd con 4 poltrone su 9. E non è ancora finita

A conti fatti, quattro direzioni su nove sono vicine - o comunque non dispiacciono - al Pd. Certo, non si può dire che in questa tornata di nomine Rai l'area dem l'abbia fatta da padrone, comunque non ne è uscita certamente male. Nella spartizione da manuale Cencelli - gestita direttamente da Palazzo Chigi per riuscire a sbrogliare una matassa intricata - tutti i partiti sono stati accontentati tranne i 5 stelle di Giuseppe Conte che hanno perso il controllo del Tg1 con la sostituzione di Giuseppe Carboni. All'area di centrodestra sono andate, in equilibrio, quattro direzioni.

Questa è la fotografia finale che esce dal giro di valzer delle più importanti poltrone della tv pubblica proposte dall'ad Carlo Fuortes e approvate ieri dal Cda riunito a Napoli. Le nomine però non hanno avuto l'unanimità, sono passate a maggioranza: voto contrario a tutte del rappresentante grillino Alessandro di Majo scontato dopo le furibonde proteste del presidente del movimento per essere stato escluso dalla «lottizzazione», mentre non ha partecipato per protesta il consigliere Riccardo Laganà che rappresenta i dipendenti Rai.

Comunque, l'area di centrosinistra si può dire soddisfatta per le scelte sulle direzioni di Tg1, Tg3, Giornale radio e nuovo genere Approfondimenti. Sulla poltrona della testata ammiraglia siederà Monica Maggioni: voluta in primo luogo da Draghi che ha imposto come prima regola delle nomine che su quello scranno ci fosse una donna. La Maggioni che vanta decenni di lavoro in Rai, un curriculum lungo così, da inviata di guerra a presidente a conduttrice ad autrice di libri, è in grado di garantire gli equilibri politici del tg sia a sinistra sia nel centrodestra. Di certo ha l'appoggio di Paolo Gentiloni (il cui capo staff quand'era premier, Antonio Funiciello, ora è capo di Gabinetto di Draghi). Non dimentichiamo, poi, che è diventata presidente Rai all'epoca del governo Renzi. E, comunque, il suo nome mette d'accordo tutti: anche l'area grillina che fa capo a Di Maio, che per lei - e per sostenere la decisione di Draghi - si è scontrato con Conte.

Altra donna apprezzata da Palazzo Chigi (e approvata anche dal Quirinale) e con animo di sinistra è Simona Sala che passa dalla direzione dei giornali radio e Radio Uno al terzo notiziario nazionale. Con Maggioni, Sala fa fare un balzo in avanti al «potere femminile» in Rai (insieme ad Alessandra De Stefano, ora responsabile di Rai Sport) e sostituisce un altro importantissimo referente storico dell'area rossa: Mario Orfeo, già direttore generale Rai all'epoca renziana il cui nome si è letto nelle tante mail dell'inchiesta su Open. Orfeo è stato messo a capo del genere Approfondimento, una nuova direzione che controllerà tutti i programmi giornalistici tranne i tg: sotto di lui dovranno stare pezzi da novanta Rai come Vespa, Annunziata, Berlinguer, Ranucci. Infine, Andrea Vianello, pure lui sempre portato in palmo a sinistra, lascia RaiNews 24 per sostituire Sala al Giornale radio.

Nel centrodestra sono soddisfatti: la Lega si tiene stretti il Tg2 con Gennaro Sangiuliano e i tg regionali con Alessandro Casarin. Fratelli d'Italia conquista il canale all news con Paolo Petrecca (e già i sindacati interni sono sul piede di guerra), Forza Italia riconferma Antonio Preziosi a Rai Parlamento. Ora la partita si sposta sulle nomine alle nuove direzioni di genere.

E un posto andrà trovato a Giuseppe Carboni.

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