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La Rai si trasforma in TeleGad. Lerner fa a pezzi il Carroccio

Il giornalista torna con un'ora di attacchi ai leghisti: "Come i nazisti degli anni '30". Ma è boom di ascolti

La Rai si trasforma in TeleGad. Lerner fa a pezzi il Carroccio

Torna Gad Lerner in Rai e sembra magicamente di essere tornati nel 1991, quando conduceva sempre su RaiTre Profondo Nord per raccontare il nuovo preoccupante fenomeno razzista-eversivo della allora Lega di Bossi e Miglio. Sono passati 28 anni e rieccolo in onda, nella «Rai del cambiamento» gialloverde (ma RaiTre è sempre di un'altra tonalità), lo stesso identico Lerner con la stessa identica diagnosi sulla Lega: un partito neonazista votato dalle «classi subalterne», il popolo becero con poca cultura e il reddito basso, come lo chiama l'ex giornalista di Lotta Continua rifacendosi al lessico marxista, con in più una punta di disprezzo. La tesi ha comunque un suo pubblico se la prima puntata di L'Approdo, anche grazie al lancio ottenuto dalla rissa verbale con Salvini («Il cambiamento in Rai è Gad Lerner? La Rai dica quanto costa», «Salvini usa l'olio di ricino digitale»), ha raccolto 1 milione e 174mila spettatori, con share del 7,4%.

Nello studio già dalla scenografia antileghista (un barcone sullo sfondo), si processa la Lega ma la condanna è già scritta, con il conduttore che aizza i due ospiti per confermare l'analogia tra leghismo e fascismo. La «difesa» è affidata a Marco Tarchi, studioso delle destre europee non certo filoleghista, ma la spalla principale del conduttore è Luciano Canfora, esimio storico e filologo politicamente molto a sinistra (candidato dei Comunisti Italiani al Parlamento europeo nel '99) che quando si riferisce agli esponenti del partito di Salvini usa l'espressione «questi signori». Più che un dibattito è una sessione di boxe dove il sacco per l'allenamento è la Lega, pestata mescolando immagini recenti e vecchissime, servizi di archivio sulla Lega secessionista, i giuramenti padani e i congressi di 30 anni fa, perché la tesi è che «terroni» o «negri» che siano, sempre di leghisti razzisti si tratta. Viene riesumato persino Francesco Speroni, intervistato a Legnano sotto il monumento di Alberto da Giussano per sostenere meglio l'assunto di Lerner (i leghisti non sono cambiati, sono sempre i soliti xenofobi ignoranti). «Le analogie sono evidenti no?» incalza il giornalista servendo l'assist a Canfora che tira al volo: «Sì è un abbassamento di livello spaventoso, un vuoto di contenuti, un linguaggio volgare». Ma a Lerner non basta, bisogna menare più forte: «Ci accontentiamo di definirlo un linguaggio volgare?». Tarchi prova a soddisfare la sete di sangue del conduttore: «È un linguaggio che si parla quando si va dal barbiere, che si usa quando si gioca a carte bevendo vino in qualche bar di paese». Meglio, ma non basta. Infatti la scaletta procede con il parallelismo tra Lega e nazisti: «Ecco uno striscione dietro Matteo Salvini in piazza Duomo, si additano i nemici: banchieri e barconi». «È una involontaria allusione nazionalsocialismo tedesco che individuò nei banchieri ebrei e nel proletario politicizzato il nemico da battere. Magari loro non ci arrivano, ma è un collegamento viscerale» spiega Canfora. «Il giudeo bolscevico!» esulta Lerner, elettrizzato dal paragone tra leghisti e SS, poi sviluppato anche in quello tra Salvini e il Duce prendendo a pretesto il cartello di un tale in una piazza. Cos'è, se non razzismo? «Il razzismo (dei leghisti, ndr) è una malattia mentale» Dal 1991 gli spettatori vengono piombati direttamente agli anni '30. Apprezza il Pd con Michele Anzaldi («Questo è servizio pubblico»). Ma Lerner, in piena mania di persecuzione, contesta pure quello: «Non dimentico quando attaccava RaiTre per avermi affidato la trasmissione #IslamItalia e adduceva fra le motivazioni la perla seguente: Lerner per giunta è ebreo. La lottizzazione fa male alla Rai».

Detto da un giornalista non di parte.

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