
Non solo i raid a Gaza contro Hamas e in Libano contro Hezbollah. I bombardamenti di Israele hanno colpito giovedì notte anche la Siria, dove è stato preso di mira il palazzo presidenziale di Damasco. Il governo di Benjamin Netanyahu si fa così paladino della comunità drusa, la minoranza che abita il Sud del Paese liberato dal regime di Assad e oggi in mano agli islamisti guidati da Hussein al-Sharaa, prima noto con il nome di battaglia Muhammad al-Jolani. A decine, nei giorni scorsi, i drusi sono rimasti uccisi negli scontri nella parte meridionale della capitale siriana. E il primo ministro israeliano ha spiegato di voler lanciare «un messaggio chiaro» al nuovo governo: «Non permetteremo l'invio di truppe siriane a sud di Damasco e nessuna minaccia nei confronti della comunità drusa».
I drusi sono un gruppo etnoreligioso arabo che pratica una dottrina monoteista di derivazione musulmana. Si tratta di circa un milione di persone, sparse in prevalenza in Siria e Libano e 150mila delle quali vivono in Israele. Protette dal regime di Assad in passato, ora si teme per il loro destino, di fronte all'estremismo islamico di molti sostenitori del nuovo governo siriano, anche se l'esecutivo ha annunciato la volontà di lavorare per un futuro interreligioso e di tolleranza. I drusi d'Israele sono l'unica minoranza con l'obbligo di leva militare e hanno dato il loro contributo alla difesa il 7 ottobre. Riservisti e soldati drusi hanno inviato una lettera al premier Netanyahu chiedendo che le Forze Armate israeliane intervengano «per fermare il massacro dei fratelli in Siria», come promesso dal primo ministro. E si sono offerti volontari «per combattere al fianco dei fratelli in Siria per salvarli».
Netanyahu ha risposto all'appello con i raid contro Damasco e ieri ha parlato con lo sceicco Muafak Tarif, leader spirituale della comunità drusa in Israele. La presidenza siriana ha protestato invece contro «la pericolosa escalation» che ha «come obiettivo di destabilizzare il Paese e l'unità del popolo siriano». L'Ue ha invitato tutti gli attori «a rispettare l'integrità territoriale e la sovranità della Siria». Si è rivolta poi a Israele chiedendo che rispetti l'accordo del '74 sul monitoraggio delle Alture del Golan, così come sulla zona demilitarizzata, occupata a dicembre da Israele, con una mossa accolta con favore dalla comunità drusa.
La situazione in Medioriente resta tesissima. I colloqui per la tregua a Gaza sono «a un punto morto» secondo il Qatar e l'Oman ha annunciato il rinvio di quelli Usa-Iran sul nucleare previsti per oggi a Roma. Un altro episodio allarma intanto l'opinione pubblica filo-palestinese. Una nave della Freedom Flotilla, organizzazione impegnata a consegnare aiuti umanitari alla Striscia sfidando il blocco israeliano, è stata attaccata giovedì notte da un drone, che ha provocato un incendio e una breccia. «Faceva parte di un convoglio guidato da Hamas - ha spiegato Israele - Aveva pianificato di affrontare le forze israeliane». Ma anche l'attivista ambientalista Greta Thunberg ha parlato di «crimine di guerra».
La Croce Rossa intanto avverte: «Le operazioni umanitarie a Gaza sono sull'orlo del collasso. Se gli aiuti non riprenderanno immediatamente, la Cri non avrà più cibo, medicine e beni essenziali per continuare molti dei suoi programmi».GaCe
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