Raid sulla Striscia, strage di 9 fratellini

Colpita la casa di una pediatra: salvo solo uno dei 10 figli, il più grande aveva 12 anni

Raid sulla Striscia, strage di 9 fratellini
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Le esplosioni e le urla. Ci sono quelle che vedono vittime i civili palestinesi, dopo che un attacco aereo a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, ha colpito l'abitazione di una dottoressa, una pediatra dell'ospedale Nasser, Alaa al-Najjar, uccidendo nove dei suoi dieci figli. Il più piccolo aveva sette mesi, il più grande 12 anni. Unici sopravvissuti: il figlio 11enne e il marito, anche lui un medico, che aveva accompagnato da pochi minuti la moglie in ospedale per tornare a casa e occuparsi dei piccoli con l'Idf che ha annunciato accertamenti. Poi ci sono le esplosione registrate e recapitate ai parenti degli ostaggi fra venerdì notte e ieri mattina. Chiamate arrivate da numeri non identificati. In una si esorta a fare presto: «Ci sono ostaggi a Gaza, perché state aspettando?». A un'attenta analisi si scoprirà che sono voci tratte dai video di propaganda di Hamas rilasciati a maggio con gli ostaggi Yosef-Haim Ohana e Elkana Bohbot, rapiti al Nova Festival. «Un tentativo di creare il panico», spiegano dalla Direzione nazionale informatica israeliana, mentre a Hebron, sud di Gerusalemme, un palestinese ha tentato di accoltellare soldati israeliani a un posto di blocco ed è stato ferito.

La pace sembra essersi nuovamente allontanata. Se gli Stati Uniti allentano le sanzioni alla Siria dopo 46 anni e si avvicinano a un'intesa con l'Iraq per il rilascio della ricercatrice russo-israeliana Elisabeth Tsurkov, rapita due anni fa a Baghdad, l'esercito israeliano riferisce che tutte le brigate di fanteria e corazzate dell'esercito permanente sono ora schierate a Gaza e 100 obiettivi colpiti in 24 ore. Le vittime negli ospedali di Gaza (escluso il nord) sono almeno 79 e sfiorerebbero quota 54mila da inizio conflitto. Un report di Associated Press accusa inoltre Israele di usare i palestinesi come scudi umani per la «bonifica» degli edifici nella Striscia.

I parenti dei rapiti e gli israeliani favorevoli a un accordo sono scesi nuovamente in piazza per chiedere un'intesa, accusando il primo ministro Benjamin Netanyahu di «preferire una guerra eterna» al ritorno degli ostaggi. Una conclusione ormai diffusa nell'opinione pubblica israeliana. Secondo un sondaggio del sito N12, l'accordo non arriva per ragioni politiche. Il 53% pensa che l'obiettivo principale di Netanyahu sia rimanere al potere. Durissimo anche un deputato del Likud, partito del premier. Per Amit Halevi «questa guerra è fraudolenta»: «Ci hanno mentito sui risultati. Il piano, che avrebbe dovuto concludersi dopo due mesi, è fallito da 20. Israele non è in grado di sconfiggere Hamas».

Eppure, citando fonti del movimento islamista, il quotidiano londinese Al Sharq Al Awsat, riferisce che Hamas è stata colpita dalla peggiore crisi finanziaria dalla sua fondazione. I membri delle brigate al-Qassam, l'ala militare del gruppo, non ricevono lo stipendio da circa tre mesi, e le famiglie degli uccisi, dei prigionieri e dei feriti affiliati non hanno avuto per niente i salari abituali.

Ma gli occhi del mondo sono rivolti soprattutto ai gazawi alla fame. Dalla comunità internazionale prosegue il pressing per lo stop al conflitto e gli aiuti umanitari. Altri 83 camion sono entrati venerdì, ma restano troppo pochi.

Il direttore dell'Oms, Tedros Ghebreyesus, ha chiesto «pietà» per Gaza, definendo «sbagliato trasformare il cibo e le forniture mediche in un'arma». La Spagna ha annunciato che, insieme alla Palestina, promuoverà una risoluzione all'Assemblea generale dell'Onu per invitare Israele a revocare il blocco e aprire agli aiuti distribuiti da Onu e Ong.

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