Politica

Rampelli traccia la rotta del "partito della nazione": "Dialogo col Ppe"

Dopo la batosta romana Rampelli traccia la strada per un Fdi che dialoghi con il Partito popolare europeo. Ma significherebbe niente più Visegràd

Rampelli traccia la rotta del "partito della nazione": "Dialogo col Ppe" Esclusiva

La batosta è forte: Enrico Michetti, uomo simbolo della campagna elettorale di Fdi, è capitolato. E ora attorno a via della Scrofa si inizia a ragionare sul da farsi. Se ieri Luciano Ciocchetti ha avanzato l'ipotessi di un "campo largo dei conservatori", uno dei padri fondatori di Fratelli d'Italia usa un'altra espressione: "Nuovo partito della nazione". L'onorevole Fabio Rampelli è convinto che Giorgia Meloni, leader mai in discussione, possa diventare una nuova "Aznar" e che al contempo non debba essere portata sul campo del sovranismo minoritario di Marine Le Pen. Il deputato Rampelli ne fa una questione europea. Un dialogo privilegiato serve sì, ma con i Tories britannici e con il Partito popolare europeo. E questo sarebbe un cambio di linea: perché ad oggi, Fdi, guarda soprattutto ad Est.

Onorevole Rampelli, la destra italiana è di nuovo sotto attacco. Come difendersi?

"É l’Italia sovrana a essere sotto attacco, noi ci andiamo di mezzo perché il sistema ha chiara la percezione che ci opponiamo al suo declino, alla svendita della rete industriale e tecnologica, delle infrastrutture e degli asset strategici. Per renderli possibili gli serve il Pd, la sinistra ha cambiato natura abbandonando i lavoratori per assecondare la domanda di un partito italiano funzionale a questi obiettivi, garante di quegli interessi. Una sorta di cavallo di Troia per dare modo a Francia e Germania di egemonizzare l’Ue e vincere la terza guerra mondiale senza sparare un colpo. In questo quadro noi dovremmo tessere l’opposizione sociale all’oligarchia. Costruire la rete per non farsi sottomettere dai gruppi editoriali e dalla magistratura come capita dal 1994 a oggi".

Togliere la fiamma dal simbolo potrebbe privare gli avversari di un argomento. Ci penserete?

"Ne troverebbero altri. Fdi all’origine non aveva la fiamma, voleva essere il 'centrodestra a testa alta', non un nuovo Msi, partendo dal fallimento del Pdl. Recuperammo la fiamma per evitare che alcuni parlamentari nostalgici si ripresentassero con il vecchio simbolo di An. Personalmente ne avrei fatto a meno perché la mia idea era di allargare la nostra proposta anche a chi non proveniva da destra. Oltretutto quell’operazione sarebbe fallita perché senza un leader non si può fare un partito. Ma nel dibattito dell’epoca anche un non missino come Crosetto volle la fiamma. La verità è che se nel simbolo di un partito di destra manca la fiamma si vive bene lo stesso, ma toglierla quando c’è è più complicato. La discussione è sempre aperta".

Rampelli, non vi conviene abbandonare le volontà lepeniste, per così dire, per passare ad una elaborazione politica di stampo unicamente conservatore?

"Noi non abbiamo mai aderito al raggruppamento di Marine Le Pen. Certo, qualcuno spingeva in quella direzione, organizzava incontri con la leader del FN, ma poi vi aderì Salvini verso cui i transalpini propendevano per ragioni numeriche. La scelta in favore dei conservatori, guidati dai Tories britannici fu un ottimo modo per smarcarsi dagli estremismi nazionalisti. Ora occorre investire nel dialogo con i Tories, anche se il Regno Unito è fuori dall’Ue, e con il Ppe, per costruire in Europa il modello italiano di un centro alleato con la destra e ribaltare l’asse culturale del continente. Se si vuole cambiare l’Europa c’è solo questa strada. Serve una grande azione diplomatica internazionale per mettere davvero insieme conservatori, repubblicani e popolari".

La destra-centro in Italia non è mai stata maggioritaria. Il centro-destra sì. Un problema che vi siete posti?

"Alla società reale non importa nulla di queste definizioni, penso semplicemente che FDI debba parlare alla maggioranza degli elettori e non a quelli più rumorosi, forte dell’unica leadership credibile nel panorama politico. Giorgia Meloni deve essere l’Aznar italiana, mantenere le sue radici di destra ma essere capo di un nuovo ‘partito-nazione’, il partito degli italiani. Al centrodestra manca un federatore e questo è lo spazio che dovrebbe occupare, a maggior ragione in forza del suo ruolo internazionale".

Non state correndo il rischio di fare la fine del PCI dopo la cacciata di De Gasperi, ossia un partito di massa dal 30%, ma fuori dalle logiche esecutive e con uno sguardo troppo schiacciato sull’Est Europa?

"Quel sistema di cui il Pd è il braccio armato lo vorrebbe, ma non cadremo nella trappola. All’Italia serve una democrazia vera, che non ha saputo ancora conquistarsi. Quella del secondo dopoguerra era sorvegliata dagli Usa e insidiata dall’Urss, una democrazia vigilata, quella della Seconda Repubblica è stata una democrazia impreparata ad accettare la vittoria della destra, delegittimante, quella attuale è un’oligarchia illuminata che mette commissari a capo del governo: Ciampi, Dini, Monti, Draghi, per impedire l’alternanza e far governare sempre il Pd, partito della liquidazione nazionale.

Una conquista necessaria che passa per la riforma della Costituzione in senso presidenziale e dare agli italiani gli stessi diritti degli altri popoli europei".

Commenti