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Io condannato per razzismo immaginario

C'è Feltri e poi ci sono dei precedenti. Così mi sospesero dall'Ordine dei Giornalisti per un commento sull'islam

Io condannato per razzismo immaginario
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C'è Feltri e poi ci sono dei precedenti: lo scrivente, per esempio, nel luglio 2016 scrisse un corsivo su Libero ("Perché l'Islam mi sta sul gozzo") e l'esito fu dapprima una condanna molto severa rispetto alle abitudini dell'Ordine dei Giornalisti: sospensione di due mesi dalla professione e dallo stipendio, ne parlarono tutti i giornali; la mia colpa fu quella di esprimermi duramente sull'Islam (inteso come sistema culturale) con lo stesso comune linguaggio che si riserva ad altri temi, e chiarendo, come pure riscriverei, che "gli islamici non sono un mio problema: qui, in Italia, in Occidente, sono io a essere il loro".

La frase fu scambiata per una minaccia. La sentenza fu appellata e ridotta dallo stesso Ordine a una censura, ossia al nulla: questo non lo scrisse nessuno, ma chi se ne frega. Il punto è che la Procura di Milano, poi, m'indagò d'ufficio, e per quale reato? Per il vetusto "vilipendio religioso" esteso alla religione islamica, meglio, per il neo articolo 403 che punisce le "offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone", anche se io di persone non avevo parlato. Sentenza: 4500 euro più le spese, ma niente carcere, peccato.

Un estratto dalla prima sentenza dell'Ordine: "Facci ha respinto con fermezza l'accusa di razzismo. Questa è la premessa che solitamente accompagna tutte le affermazioni di carattere razzista". Chiaro: è come dire che dirsi innocenti, in tribunale, sia un primo indizio di colpevolezza: il livello è questo.

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