Parigi Uno stadio per truccare e pettinare 85 modelle e 15 modelli: uno squadrone della vita, dell'essere giovani, belli e ben vestiti con qualche tocco di eccentricità. «Ho scelto le cose più particolari del mio archivio rimettendole insieme con un approccio più caldo e meno design: mi sono divertito a far star bene le ragazze» ha detto Armani ieri mattina a Parigi, nove ore prima di far sfilare la collezione Emporio della prossima estate nell'ex stadio di Bercy oggi trasformato in studio di registrazione e spazio polifunzionale per eventi di grande rilevanza. Infatti i controlli sono severissimi: una trentina di poliziotti con altrettanti cani antiesplosivo pattugliano l'entrata con un grande prato verde su cui campeggia la scritta «Emporio Armani» a lettere cubitali. Bisogna passare anche sotto il metal detector prima di accedere negli smisurati spazi in cui si svolge l'evento con cui Re Giorgio festeggia la riapertura e il rinnovo dell'Emporio Armani e dell'annesso Caffè nel cuore della Rive Gauche, in Boulevard St. Germain. Pare sia stato lui ad ideare le sensazionali pareti bianche che sembrano giganteschi fogli di carta perché scivolano dal soffitto fino a terra facendo pieghe che sono scaffali oppure aprendosi come quinte.
«Sembra uno studio di design» commenta Monsieur Armanì come lo chiamano tutti da queste parti. Per «tutti» s'intende la gente che si ferma esterrefatta davanti alle vetrine dove lui ha lavorato senza sosta fino a notte fonda il giorno prima dell'inaugurazione, dive e divine che accorrono in massa per festeggiarlo e perfino i parrucchieri che ieri hanno passato l'intera giornata a preparare le 800 trecce posticce con cui decorare le teste delle modelle. «Volevo una pettinatura fresca e nuova per questa moda in cui c'è tutto quello che negli anni era come scivolato via perché la gente da me non si aspetta l'insolito, il femminile, uno stile giocoso e divertente» confessa lui toccando tra i capi appesi per il defilè una superba giacca rossa di pelle traforata che poi in passerella vedremo sui pantaloni fluidi che sono uno dei temi ricorrenti della collezione. Due le fantasie usate come un clin d'oeil dappertutto: l'elefantino con la proboscide alzata (portafortuna indiano per eccellenza) che fa anche da fibbia su borse e scarpe oppure i ventaglietti multicolore che diventano un plissè. Ci sono gonne lunghe e calzoncini corti, tantissime braghe, un solo jeans verde militare a pois e neanche un tailleur. I colori sono bellissimi, la sala pure. Un solo rimpianto: vedere tutto questo lontano da dove 35 anni fa è cominciato, ovvero la grande Milano in cui con l'Emporio nacque l'idea stessa del griffato giovane. Adesso è Parigi in pole position come capitale mondiale della moda. Ecco quindi l'uso di location pazzesche come il Jardin des plantes in cui l'altra sera ha sfilato Givenchy. Lo show si è svolto all'aperto nonostante il freddo e il conseguente fastidio morale di vedere il popolo della moda avvolto nelle coperte di stagnola dei migranti, era impossibile non apprezzare quegli abiti anatomici decorati da una bellissima stampa ad agata, con un ingegnoso sistema di zip e colori di rara bellezza. Fantastica anche la sfilata di Stella McCartney con un divertente balletto di modelle nel gran finale coreografato da Blanca Li, la spagnola di stanza a Parigi che collabora con Almodovar per tutte le scene di ballo. I modelli per altro sono tutti studiati per concedere la massima libertà di movimento: gonne ampie chiuse in vita come sacchi, maniche importanti nei materiali naturali e organici cari alla designer, sapienti giochi tra tagli e proporzioni per un'immagine che profuma d'estate e di coscienza ecologica.
Da John Galliano Bill Gaytten immagina una bambina che trova un baule di abiti vintage e li guarda diventare un interessante guardaroba contemporaneo. In fondo è quel che fa Alessandro Michele per Gucci ed è il designer del momento.
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