Cronaca internazionale

Il rebus della ricostruzione

Migliaia di edifici crollati in Turchia e Siria, l'Unesco invia i tecnici per censire i danni al patrimonio archeologico. L'esperto: "Servono almeno 100 miliardi solo per le case"

Il rebus della ricostruzione

Un minuto di terremoto ha fatto più danni di 12 anni di guerra. Nulla, non c'è più nulla. Secoli immobili di storia sgretolati a terra, palazzi inghiottiti, città accartocciate su se stesse. E mentre si contano i morti, si cerca di fare una stima dei danni. Una stima impossibile al momento.

Se si considerano solo i costi per ricostruire gli edifici, si potrebbe azzardare una cifra, per ora assolutamente spannometrica: 100 miliardi di euro. La ricaviamo da un ragionamento fatto con Marco Mari, presidente dell'associazione no profit Green building council e nel 2016 nel team degli esperti a supporto del commissario straordinario del Governo per la ricostruzione post sisma in centro Italia. «Possiamo ipotizzare che in Siria e Turchia ci siano stati danni molto superiori rispetto al terremoto del 2016 in Italia - spiega - sia per l'intensità sia per la vastità del territorio colpito. Però gli edifici dei piccoli centri italiani crollati nel 2016 sono del tutto paragonabili a quelli delle grandi città turche e siriane: poco acciaio, poco ferro, poca manutenzione. In Italia, per ricostruire i 60mila edifici crollati sono stati ipotizzati 26 miliardi di euro (che non saranno sufficienti), là la manodopera costa meno ma credo che i costi non scenderanno sotto i 100 miliardi». L'Unione internazionale di scienze geologiche fa una stima al ribasso di un miliardi di dollari.

Anche se ora è presto per parlare di ricostruzione, la Turchia ha di fronte un'enorme sfida e tra una decina d'anni potrebbe avere città ecosostenibili e anti sismiche. Ma immaginare quello che sarà è impossibile: ora la gente ha gli occhi pieni solo di orrore e terra e macerie e morte.

In corso anche una stima del patrimonio culturale perduto, sperando di poterne recuperare almeno una parte. L'Unesco sta mobilitando i suoi esperti per stabilire un inventario preciso dei danni per mettere rapidamente in sicurezza e stabilizzare i siti patrimonio dell'umanità nei due Paesi. In Siria, l'Unesco è particolarmente preoccupata per la situazione dell'antica città di Aleppo, iscritta nella Lista del Patrimonio Mondiale in Pericolo: la cittadella è semi distrutta, la torre ovest delle mura della città vecchia è crollata e diversi edifici nei souk sono pericolanti. In Turchia sono diversi gli edifici crollati nella città di Diyarbakõr, sito Patrimonio dell'umanità, per la fortezza e i giardini di Hevsel, importante centro in epoca romana, sasanide, bizantina, islamica e ottomana. Inoltre l'Unesco segnala danni ad altri siti iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale, situati non lontano dall'epicentro del sisma, come Göbekli Tepe, Nemrut Da e Tell d'Arslantepe. «Esprimo le mie condoglianze alle famiglie delle vittime del terremoto che ha coinvolto la Turchia e la Siria. Il mio pensiero va anche ai feriti e a tutte le persone colpite. La nostra Organizzazione fornirà assistenza nell'ambito del suo mandato» dichiara Audrey Azoulay, direttore generale dell'Unesco.

E chissà quanto potrà costare il recupero delle rovine. Basti pensare che, quando Palmira fu devastata dagli attacchi dell'Isis in uno degli attacchi più truci alla storia dell'arte recente, furono investiti 500mila dollari per tentare di restaurarla.

Prima delle case e delle chiese andranno ricostruite le strade: quelle che si sono squarciate, che hanno inghiottito le auto, che hanno solchi lunghi chilometri. I danni sono così estesi che ieri il flusso degli aiuti delle Nazioni Unite dalla Turchia al Nord-Ovest della Siria si è temporaneamente interrotto. «Alcune strade sono interrotte, altre sono inaccessibili.

Ci sono problemi logistici che devono essere risolti» ha detto Madevi Sun-Suona, portavoce dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento dell'assistenza umanitaria.

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