Non solo l'Ucraina e l'invio di armi a Kiev, ma anche il fronte interno e il timore di un inverno surriscaldato dalla piazza. Con Giuseppe Conte a fare da comune denominatore. E con Giorgia Meloni che, non certo per caso, sta facendo il possibile per dividere l'opposizione nel tentativo di isolare il leader del M5s.
Sono questi i due versanti che in queste ore più preoccupano Palazzo Chigi, oltre - ovviamente - alla manovra e al delicato dossier del Pnrr (con annesse scadenze). Sul primo, il fronte Ucraina, la premier ieri ha incassato un vero e proprio successo. Perché non solo il centrodestra ha votato compatto una mozione che impegna l'esecutivo all'invio di nuove armi a Kiev, ma ha pure messo nero su bianco una netta presa di posizione a favore delle ragioni dell'Ucraina. Così decisa che nel prossimo decreto interministeriale sull'invio di materiale bellico ci sarà un cambio di passo, visto che le nuove forniture dovrebbero comprendere anche alcune batterie di missili Aspide, considerati decisivi per la contraerea ucraina. Se ne dovrà fare una ragione Conte, rimasto il solo - insieme ai rossoverdi - ad alzare le barricate. «Meloni abbandona i lavoratori e ingrassa la lobby delle armi», attacca il leader del M5s. Che, con buona pace dei suoi trascorsi istituzionali, non resiste alla tentazione di strizzare l'occhio a un populismo piuttosto ambiguo pur di spuntare qualche voto in più nei sondaggi. Nella sua crociata pacifista per l'Ucraina, infatti, rimuove consapevolmente il fatto che la via diplomatica non è al momento percorribile non certo per mancanza di volontà, quanto per le condizioni che pretende di imporre Vladimir Putin. Esattamente la stessa strategia seguita durante il governo guidato da Mario Draghi, quando prima ha votato in Parlamento l'invio di armi a Kiev fino al 31 dicembre 2022 e poi ha iniziato a puntare il dito contro l'esecutivo, reo di mandare forniture in Ucraina senza consultare le Camere.
Meloni sa bene che il leader del M5s seguirà esattamente lo stesso canovaccio nei prossimi giorni, quando l'attenzione si sposterà sulla piazza. Che Conte ha deciso di cavalcare in nome del reddito di cittadinanza, nonostante la decisa frenata arrivata in manovra (il sussidio sarà comunque prorogato senza alcuna modifica per i primi otto mesi del 2023). Un passo indietro che il governo ha deciso anche per provare a disinnescare una possibile bomba sociale. In questo senso, il timore è quello di una saldatura tra M5s e Cgil, tutti a soffiare sulla piazza. E i toni dell'ex premier («un governo disumano che abbandona chi è in difficoltà») non lasciano presagire nulla di buono. Come pure la scelta di Scampia, a Napoli, come prima tappa del tour di manifestazioni «a difesa del reddito» annunciato da Conte. L'appuntamento è per venerdì pomeriggio (il 17 dicembre, invece, toccherà al Pd scendere in piazza «contro la manovra»), quando l'ex premier si concederà un bagno di folla tra le Vele. Guarda un po', proprio in quella Campania che è la regione con più percettori del reddito (da sola ha l'equivalente di beneficiari di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e Liguria messe insieme). Non a caso, è stata proprio la Campania la regione in cui il M5s è letteralmente volato alle ultime elezioni, con un 34,6% su base regionale (oltre il doppio del 15,4% ottenuto a livello nazionale).
Insomma, potrebbe essere l'inizio di un inverno caldo, perché l'emergenza povertà e la crisi economica sono questioni
che affliggono sempre di più il Paese. E il malcontento non può che essere crescente. Non è un caso che i servizi di sicurezza stiano monitorando la situazione. Che anche a Palazzo Chigi seguono con una certa apprensione.
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