A sei giorni dal voto, un sondaggio interno del quartier generale referendario riporta che il 40% dei lombardi è intenzionato a votare per la maggiore autonomia regionale proposta dal quesito di domenica prossima. A differenza del Veneto, dove lo Statuto regionale prevede un quorum («la maggioranza degli aventi diritto») anche per il referendum consultivo, in Lombardia non c'è una soglia minima di legge da superare. Ma la percentuale oltre la quale il voto sarà considerato un successo non è molto diversa: «Sarà una vittoria se vota il 50% più uno dei aventi diritto, in Lombardia sono 7,7 milioni circa, significa che domenica dobbiamo portare a votare 3,8 milioni persone» raccontano dal comitato per il referendum lombardo. Non è un traguardo considerato semplicissimo, basti pensare che tutto il centrodestra alle regionali del 2013 prese 2,4 milioni di voti. Questo però - si ripete fino allo sfinimento - non è un voto politico, ma una consultazione trasversale tra lombardi e veneti, anche quelli di sinistra, o grillini, favorevoli ad ottenere più autonomia dallo Stato.
Negli ultimi due mesi la percezione degli elettori sul referendum del 22 ottobre è molto cambiata. A luglio la Lega, tra i maggiori sponsor politici della campagna referendaria che però resta istituzionale, ha utilizzato un modello dell'Università degli Studi di Milano - già testato sul referendum costituzionale del dicembre scorso - per calcolare, sulla base dei temi più dibattuti sul web, quanti lombardi sapessero del referendum di ottobre sull'autonomia e quindi proiettare una previsione di affluenza. Il risultato è stato drammaticamente basso. Lo stesso modello, invece, ad inizio settembre ha registrato una forte crescita dell'interesse, e quindi un numero potenziale di elettori più alto. Poi c'è stato il culmine della vicenda catalana, che ha fatto schizzare l'attenzione pubblica anche sull'autonomia di Lombardia e Veneto (un referendum completamente diverso, com'è stato sottolineato più volte), ma un terza rilevazione da parte leghista non è stata possibile per un motivo molto semplice: con i conti correnti bloccati dal Tribunale di Genova per la vecchia gestione Belsito, il Carroccio non ha più avuto i soldi per pagare i sondaggi.
Per conquistare la maggioranza bisogna sfondare nell'elettorato non di centrodestra. I supporter non mancano, anche se nè il Pd nè il M5s spingono i propri elettori ad andare a votare, anzi. Per il l'autonomia si sono espressi i sindaci Pd di Brescia, Mantova, Cremona, Sondrio, Varese e Lecco. Mentre è pro-autonomia, e presente anche agli incontri pubblici, il consigliere regionale del M5s, il bergamasco Dario Violi («più le risorse sono vicine al territorio e meglio vengono spese»). Ma un conto è dirsi favorevoli, un altro è portare gli elettori alle urne. Sul risultato da festeggiare, peraltro, non tutti nella Lega la pensano allo stesso modo. «Con il 51% molto il governo centrale non si metterebbe nemmeno in ascolto - sostiene Giancarlo Giorgetti, numero due del Carroccio -. Perciò ritengo che un'affluenza sotto al 60% dovrà essere considerata come una sconfitta».
Un'asticella molto alta, dato che alle ultime regionali venete andò a votare poco più del 57%. Mentre per Salvini «anche il 50 per cento più 1 sarà un successo», sarebbe «il coronamento di 30 anni di battaglie, un'occasione unica».
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