Elezioni Regionali 2020

Regionali, ecco cosa rischia davvero il Pd

Zingaretti & Co. sperano di contenere i danni alle Regionali. Buttaroni (Tecnè): "Sarà un voto cruciale per il futuro dem"

Regionali, ecco cosa rischia davvero il Pd

Le Regionali del 20 e 21 settembre coincidono con la fine dell’estate e con il possibile inizio di un autunno “caldo” per la politica italiana. Qualora il centrodestra dovesse fare bottino pieno e il centrosinistra dovesse perdere anche una regione storicamente “rossa” come la Toscana, si potrebbe infatti aprire una nuova stagione. Temuta da Pd e M5s e attesa invece con speranza da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, la tornata elettorale sarà un crocevia: la maggioranza giallorossa terrà o subirà un ulteriore colpo alle proprie gracili fondamenta? Di sicuro per il Partito Democratico e Nicola Zingaretti, forse più del Movimento 5 Stelle, il futuro passa da questo voto.

I sondaggi spaventano il Pd

Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia i campi di battaglia. Liguria e Veneto sono partite abbondantemente chiuse: Toti vola verso il 60% - doppiando Sansa –, mentre Luca Zaia fa ancora meglio, arrivando anche al 75% delle intenzioni di voto. Un plebiscito, insomma.

Secondo gli ultimi sondaggio la Toscana è in bilico – Susanna Ceccardi è infatti a un passo dal raggiungere Eugenio Giani nelle intenzioni di voto – e allora le urne potrebbero anche sancire un clamoroso 5-1 per il centrodestra; oltre alla Toscana, infatti, passerebbero a centrodestra anche le Marche e la Puglia, mentre il centrosinistra dovrebbe riuscire a conservare la Campania, dove Vincenzo De Luca sembra essere capace a spuntarla su Stefano Caldoro.

La (non) alleanza con il M5s

Il fatto che Partito Democratico e Movimento 5 Stelle non siano riusciti a trovare la quadra sulla candidatura – eccezion fatta per la Liguria, dove dem e grillini si sono accordati su Ferruccio Sansa come sfidante di Giovanni Toti – la dice lunga sul clima tra gli alleati. Non è certo una novità che fatichino – e non poco – ad andare d’accordo.

Come detto, l’unica regione in cui il Pd di Zingaretti & Co è riuscito a trovare l’intesa con gli alleati di governo è la Liguria, ma l’asse giallorosso è destinato a perdere contro il Toti, uomo forte del centrodestra.

Nonostante gli inviti del premier Giuseppe Conte a trovare un accordo, Pd e M5s hanno bisticciato – soprattutto nel caso di Marche e Puglia – e ora rischiano molto.

Proprio nelle Marche e in Puglia, infatti, la mancata alleanza potrebbe costare cara: Francesco Acquaroli è davanti a Maurizio Mangialardi – il candidato grillino Gian Mario Mercorelli è dato attorno al 15% - così come Fitto è in vantaggio sul governatore dem uscente Michele Emiliano; la pentastellata Antonella Laricchisa si porterebbe a casa il 15%, voto più voto meno.

Insomma, in entrambe le conteste il Pd potrebbe pagare lo scotto del non accordo con gli alleati di governo capeggiati dal reggente Vito Crimi.

La Toscana e i fantasmi di Zinga

Regione "rossa per eccellenza" insieme all’Emilia-Romagna e fortino della sinistra italiana, la Toscana non è più fortino inespugnabile. L’anno scorso il centrodestra, con la leghista Lucia Borgonzoni, è andata a un passo dal colpaccio: Stefano Bonaccini si è confermato presidente, ma la sua non è stata una vittoria larga, anzi. Ora è il turno della Toscana e questa volta il Pd potrebbe capitolare: Susanna Ceccardi, infatti, viene data vicinissima a Eugenio Giani.

L’ultimo sondaggio sul voto in terra toscana realizzato da Winpoll-Cise per Il Sole 24 Ore, infatti, parla di un testa a testa, con il dem Giani al 43% e l’esponente del Carroccio a un soffio, al 42,5%. Sotto al 10% Irene Galletti per il M5s.

Se il centrodestra dovesse spuntarla, per la sinistra tricolore sarebbe un colpo durissimo. E almeno questa volta Zinga non potrebbe più fare finta di niente e i tanti (ex) dem che gli rinfacciano una leadership troppo opaca potrebbero prendersi una rivincita, chiedendone le dimissioni.

Lo scenario post voto

Lunedì 21 i seggi chiuderanno e si inizieranno a contare i voti: entro la mezzanotte si saprà chi ha vinto e chi ha perso. E in quali termini. Qualora i volumi elettorali del Partito Democratico (e del Movimento 5 Stelle) dovessero essere più ridotti rispetto alle elezioni europee, qualcosa potrebbe succedere. Secondo Carlo Buttaroni dell’istituto Tecnè la partita finirà 4-2 per il centrodestra. Ma ci sono alcuni "ma".

Raggiunto telefonicamente da ilGiornale.it, infatti, ci racconta: "Stando ai numeri raccolti e analizzati, la tornata dovrebbe finire 4-2 per il centrodestra, ma in alcuni duelli elettorali le distanze sono così ridotte che bisogna aspettarsi possibili ribaltoni. L’incognita dell’affluenza potrebbe rovesciare le stime attuali...".

Secondo il sondaggista, però, c’è da fare particolare attenzione a quello che sarà il risultato elettorale del Pd. Buttaroni, infatti, pensa che la compagine dem abbia molto più da perdere rispetto ai grillini: "Se il Pd dovesse avere un risultato particolarmente negativo a livello di volume elettorale – calando di tre o quattro punti rispetto al 22,7% delle Europee – credo proprio che si aprirebbe una fase di entropia altissima al Nazareno. Cosa che renderebbe il Conte-bis molto più debole rispetto a una sconfitta (peraltro già preventivata, ndr) del Movimento 5 Stelle. Quindi, attenzione...

".

Insomma, se la performance dem fosse particolarmente negativa è assai possibile trovarsi in mezzo a un congresso a cielo aperto permanente, che metterebbe in gravi difficoltà l’esecutivo. Ecco allora perché, quello del 20 e 21 settembre, è un voto che può davvero ribaltare tutto.

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