Se esistesse un premio per la testardaggine sicuramente Matteo Renzi ne sarebbe il vincitore incontrastato di ogni edizione. Non gli è bastata la legnata al referendum del 4 dicembre 2016, non gli è servita a niente la botta alle elezioni del 4 marzo scorso. Che nessuno lo ascolti, e gli creda più, a lui non fa né caldo e né freddo. Tanto che se ne infischia se inanella una figura di palta dietro all'altra. Lui va avanti lo stesso. Per questo c'è solo da ammirarlo. E chi se ne frega se ha distrutto un partito, il suo, portandolo dal 40 al 10%. Chi se ne importa se il suo ridicolo documentario su Firenze abbia fatto uno share osceno, quasi quanto la sua conduzione. Lui se ne frega e ricomincia da zero. Anzi riparte da un altro libro, come fece nel 2011, quando si presentò all'Italia da Palazzo Vecchio con Fuori!, quando la gente pensava si trattasse del nuovo Messia, non intuendo di che razza di bidone si trattasse.
Venerdì prossimo il «senatore semplice» Renzi presenta il suo ultimo capolavoro dal titolo profetico Un'altra strada. Lo fa da un luogo significativo per la sua storia politica: la sala rossa de Palazzo dei Congressi di Firenze. Qui, esattamente dieci anni fa, iniziò la campagna elettorale per le primarie del centrosinistra che lo portò ad essere eletto sindaco di Firenze. Ad annunciarne l'uscita è lui stesso nella sua enews, unico sfogatoio che gli sia rimasto. «Non basta contestare, bisogna proporre. Per questo sarà in libreria Un'altra strada», dice baldanzoso, definendo il volume «uno sguardo ottimista, nonostante tutto, sul futuro dell'Italia. E contiene una serie di proposte, non solo di analisi. Si parla di verità e non fake news. La cultura vincerà sull'ignoranza. La verità vincerà sulle fake news. L'Europa vincerà sul nazionalismo. Il lavoro vincerà sull'assistenzialismo. E alla fine il futuro avrà la meglio sulla paura». Non gli è ancora chiaro che tutto è cambiato in questi dieci anni, che i suoi spassosi giochi di parole, oggi non fanno più ridere.
Ma lui insiste, «è un inno all'ottimismo». E voi direte: Matteo, ma ti senti bene? Qui l'economia fa come il gambero, l'Italia torna in recessione e tu sei ottimista? E per cosa? Sono ottimista perché credo nell'Italia. Ci credo oggi più di ieri. Non lo facevo per finta quando guidavo il governo. E, dunque, ci credo ancora oggi. Nonostante i colpi terribili che il populismo economico e di politica estera sta dando alla nostra credibilità. Sono ottimista perché la politica vincerà sul populismo».
Purtroppo, malgrado le bastonate che ha ricevuto dagli italiani, Renzi non ha ancora capito una semplice cosa.
Ha ragione, il governo di adesso sarà anche composto da incapaci e sprovveduti, ma in un'unica sostanziale caratteristica loro si differenziano da lui: sono stati eletti dai cittadino, sorte che a lui non è mai toccata. Adesso avrà anche imboccato Un'altra strada ma a ben vedere, sembra sempre di più quella del tramonto.
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