Matteo Renzi ha uno strano concetto di legalità, in linea con quello dei suoi predecessori sulla sedia di segretario Pd e prima Pci. Il concetto è: a noi mani libere (e spesso sporche come ai tempi dei rubli sovietici, delle tangenti e degli affari coop), tutti gli altri in galera. Che siano avversari politici o comuni cittadini, basta il sospetto e giù con condanne e sanzioni. Il premier poliziotto si affida a commissari (Cantone, uno per tutti) per vigilare sulle nostre vite, inasprisce le pene contro chi solo sbaglia a compilare il bilancio, si erge a moralizzatore in servizio permanente, si riempie la bocca di un presunto «codice etico» del Pd. Ma poi, in barba alla morale ma soprattutto alla legge, candida a governatori di Liguria e Campania compagni indagati (la Paita) e condannati (De Luca). Il caso campano è addirittura surreale. De Luca, in base alla legge Severino sui politici indegni, anche se eletto non potrà governare. Ma Renzi se ne frega, per lui le leggi non valgono, né quando si tratta di restituire soldi ai pensionati, pagare i debiti dello Stato con le aziende (è notizia di ieri che il conto è risalito a 60 miliardi) né per fermare politici amici raggiunti da condanna. Ieri De Luca ha dichiarato che ha avuto assicurazione da Renzi che «il suo problema è superabile». Scusate, ma come? Che accordi segreti e contro legge ci sono tra il primo ministro e il suo candidato? Forse, in caso di vittoria, la promessa di varare in corsa, lunedì a urne chiuse, una leggina salva De Luca? E ancora: dove sono i giornali, gli opinionisti e tutti i tromboni che per vent'anni hanno pontificato sulle presunte leggi ad personam di Silvio Berlusconi? Spariti, volatilizzati, la legalità non è più un mantra, truccare le elezioni non indigna.
In compenso domani leggerete sui loro fogli le mirabolanti cronache dello spot elettorale che Marchionne regala al suo amico Matteo: un faccia a faccia nello stabilimento di Melfi per celebrare le glorie ex Fiat.
Non credo che parleranno del nuovo record di disoccupazione, tantomeno dei 60 miliardi di debiti con le imprese. Candidati condannati e ineleggibili, poveri e aziende in fallimento per colpa del governo sono argomenti tristi, fastidiosi in campagna elettorale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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