Modificare l'Italicum? «Non vedo in Parlamento la maggioranza per una legge alternativa». Rimandare il referendum costituzionale? «Io lo vorrei fare prima possibile, ma la data di convocazione dipende dalla Corte di Cassazione: ragionevolmente, sarà tra il 2 e il 30 ottobre». Segretario e premier? «Dibattito lunare: in tutta Europa il capo del primo partito è capo del governo». Un aggettivo per definirmi? «Un ragazzo semplice».
Alla vigilia della direzione Pd, convocata oggi pomeriggio a Roma, Matteo Renzi fa piazza pulita delle voci che hanno alimentato in queste settimane post-voto il retroscenismo giornalistico. E, sia pur con toni contenuti e evitando punte polemiche, non concede alcuno spazio agli agitati diktat della malmostosa minoranza interna. Si morde la lingua persino su Massimo D'Alema, evocato nell'intervista tv concessa ieri a Maria Latella su Sky: «Vuole votare No al referendum? Ha tutti i diritti di votare come crede. D'altronde sarebbe difficile imporre qualcosa a D'Alema». Poi, con perfidia, ricorda che nell'ambizioso e «assai più impattante» progetto di riforme della sua Bicamerale, l'ex leader dei Ds aveva compreso anche la fine del bicameralismo perfetto e le stesse modifiche che ora D'Alema contesta a Renzi: «L'unica differenza è che lui non riuscì a farle approvare», chiosa il premier. Del resto, taglia corto, «D'Alema parla, ma i risultati della sua azione politica gli italiani hanno potuto vederli, negli ultimi vent'anni». Parla di D'Alema, ma è facile capire che Renzi pensi la stessa cosa dell'intera minoranza dalemian-bersaniana del Pd, che si è buttata con gioiosa voluttà sulle sconfitte elettorali delle amministrative per tentare di scalzarlo finalmente di sella e impadronirsi nuovamente della «Ditta».
Renzi però non pare affatto intenzionato a farsi incastrare in un dibattito tutto introvertito sul post-voto: certo, è il suo ragionamento, le sconfitte alle Comunali ci sono state e sono state dolorose. Ma nel frattempo nel mondo sta succedendo di tutto, dalla Brexit alle sanguinose stragi del terrorismo che, a Dacca, hanno colpito dolorosamente l'Italia: forse anche la minoranza Pd dovrebbe fare lo sforzo di alzare lo sguardo dal proprio ombelico, il messaggio di oggi.
Nei giorni scorsi si erano infittite le voci di un nuovo tentativo di dialogo col centrodestra berlusconiano, proprio a partire dall'ipotesi di modificare l'Italicum (spostando il premio di maggioranza dalla lista alla coalizione) per ottenere in cambio una non-belligeranza di Forza Italia sul referendum di ottobre. Renzi ieri ha assicurato che «non c'è nessun patto del Nazareno», dopo quello che si ruppe «per scelta di Forza Italia, che non voleva Mattarella al Quirinale». Ma il premier aggiunge che spera che, «al di là dei litigi politici», ci si possa comunque unire «sui veri problemi», a cominciare dalla lotta al terrorismo, su cui in settimana Renzi annuncia che convocherà i capigruppo di tutti i partiti.
Nel Pd comunque i sostenitori del dialogo di area renziana non demordono e assicurano che la porta sull'Italicum non è chiusa, nonostante le apparenze: «Renzi dice che non c'è una maggioranza in parlamento, ma sa bene che sul premio alla coalizione potrebbe esserci eccome», spiega
uno di loro. E assicura che sul dossier «si continua a lavorare, sia di qua (nel Pd, ndr) che di là (in Fi, ndr): lo dimostra il fatto che sia Confalonieri che Gianni Letta abbiano mandato messaggi chiari in questo senso».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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