Renzi fa il duro: non mi servono lezioni

«Nessuno ci detti l'agenda, conosciamo le priorità». Ma per l'Ocse l'Italia è l'unica nel G7 a rischio recessione

RomaI renziani «mille giorni» inizieranno venerdì quando partirà il cronometro. Quasi tre anni per le riforme. Mille giorni per modificare di netto la faccia (e il cuore) di questo Paese. E lo start verrà dato nel corso della prima riunione del Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva. All'inizio della riunione il premier stesso ribadirà quanto scritto ieri in un messaggio di saluto indirizzato alla Festa dell'Unità: «Ogni tanto qualcuno ci viene a fare la lezione sulle priorità, che noi abbiamo ben chiare. E che riguardano, complessivamente, l'assetto dell'Italia, la sua capacità come comunità di fare fronte agli impegni presi e alle sfide di una competizione globale». Ma noi, aggiunge poi lo stesso premier, non abbiamo bisogno che altri «dettino la nostra agenda». D'altronde, aggiunge orgoglioso, «il Pd è guardato in tutta Europa, e non solo, come un riferimento, talvolta indicato come modello dai nostri partner socialisti, come in passato facevamo noi con il New Labour britannico o la Neue Mitte tedesca». Infine una promessa: «Il giornale di Gramsci, tornerà a vivere, a creare dibattito, a sferzare e sferzarci, come ha fatto in tutti questi anni e come fa Europa ».

Non si tratta solo di uno scatto d'orgoglio. La sua è una rassicurazione tutta politica. I mille giorni coprono in buona sostanza il tempo della legislatura. E quindi le riforme vanno ponderate con cura. Anche se alle spalle del governo (e dell'Italia) c'è un'Unione europea che freme e che spinge per scelte più rigorose e per interventi economici più incisivi. Sventolando, magari, quei dati usciti proprio ieri che certificano come il nostro sia l'unico Paese del G7 a rischiare la recessione. I dati li ha forniti l'Ocse e descrivono un ritmo di crescita non proprio virtuoso. Nell'ultimo trimestre il Pil è calato rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. La contrazione si attesta sullo 0,3%. Ma a impensierire gli analisti internazionali è il fatto che il nostro sia l'unico membro del G7 a non registrare la benché minima crescita. Gli altri volano, solo Giappone e Francia rallentano ma ancora in segno positivo. Questi dati non si discostano molto da quelli forniti nei giorni scorsi dall'Istat e offrono il destro ai detrattori dell'azione di governo di urlare ai quattro venti l'urgenza di misure draconiane. Renzi e la sua maggioranza, però, non demordono. Finché non riusciranno a ottenere che venga allentata la linea di austerità, procederanno con il programma prefissato. Magari aggiungendo, nel corso della riunione di venerdì, anche un passaggio sulla legge di Stabilità. Sì, si parlerà di giustizia civile e di scuola. Ma i ministri riuniti dovranno rivedere la delicata questione dell'equilibrio tra entrate e uscite dello Stato. Soprattutto pensando all'urgenza del cosiddetto decreto Sblocca-Italia che in qualche modo anticiperà già venerdì prossimo le linee su cui si muoverà la prossima legge di stabilità. Rivolgendo lo sguardo alle questioni di economia interna, non si può certo essere ottimisti. Il premier, però, continua a ripetere che le possibilità di uscire dal guado ci sono tutte. E bastano per convincersene anche piccoli segnali come la circolare appena emanata dal ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia, riguardante il taglio dei distacchi sindacali. «È il segnale - spiega Renzi - che stiamo facendo sul serio anche su questo fronte, che le nostre non sono chiacchiere, ma fatti».

«La situazione - ammette - è complicata e delicata e va gestita con grande responsabilità. Ma l'Italia non fallirà. Anzi si incamminerà verso la ripresa. L'importante è cambiare il modello economico europeo basato tutto sul rigore e non sulla crescita».

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