Laura CesarettiRoma Matteo Renzi ha una gran fretta di levarsi di torno la questione della mozione di sfiducia a Maria Elena Boschi sul caso banche. Tanto che ieri si è assistito ad uno strano ribaltamento di fronti tra maggioranza e opposizioni, con il Pd che chiedeva di accelerare, infilando il voto della Camera nel bel mezzo della legge di Stabilità e con grillini e centrodestra prudenti, che cercavano invece di rinviarlo a dopo le feste. Con l'obiettivo di tenere il governo a bagnomaria più a lungo possibile, esattamente quello che il premier vuole evitare.Chi ha parlato negli ultimi giorni con il premier sa che non sono certo le mozioni di sfiducia a preoccuparlo: a Montecitorio la maggioranza è blindata, e a Palazzo Madama nessuno ha voglia di vedere affondare il governo: «Le mozioni non passeranno, neanche per sbaglio», assicurano nel Pd. La questione che tiene sveglio Renzi è un'altra: l'impatto pesante del pasticcio banche e del can can mediatico che ne è seguito sul consenso al suo partito e al governo, e ancor di più le sue ripercussioni sull'economia e sulla timida ripresa appena abbozzata. Non è un caso che ieri il premier se ne sia uscito con un'autodefinizione inedita: «Io mi ritengo lo psicologo in capo dell'Italia», ha confidato ai microfono di Rtl. Spiegando che «il Paese non può vivere in una depressione psicologica che deriva da un racconto costantemente negativo. Nel mondo siamo considerati un punto di riferimento ed è fondamentale che l'Italia torni a credere in quel che fa». Il problema è che la «depressione» del paese, a leggere gli ultimi sondaggi, si è impennata proprio grazie all'escalation intorno alla vicenda bancaria. Un'indagine condotta da Demopolis per la trasmissione Otto e mezzo e diffusa ieri sera, dice che la fiducia nelle banche crolla dal 30% del 2005 al 12% del 2011 sino al 10% odierno. «Il punto più basso degli ultimi dieci anni». Anche le parole di ieri del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan suonano pessimiste: «la ripresa c'è, ma è debole. L'ipotesi di stagnazione secolare non sia così peregrina».Questioni che allarmano Renzi ben più di uno scontato voto di fiducia, e che lo spingono a «passare al contrattacco» come annuncia lui stesso, nell'ansia di accantonare una questione che è solo «polverone mediatico», ma che rischia di indebolire molto l'immagine del suo governo.
Bastano i movimenti interni al Pd per far intuire che i nemici di Renzi fiutano ansiosamente il sangue: ieri Pier Luigi Bersani, che in un primo tempo aveva difeso la Boschi, si è rapidamente allineato alle stilettate di Enrico Letta, rinfacciando al premier il «moralismo a fasi alterne» e citando i casi di Lupi (che però difende il governo), De Girolamo e Cancellieri. Renzi contrattacca: «È ora di spiegare che senza il decreto sulle banche ci sarebbe stato un caos pazzesco: al governo va fatto un monumento, abbiamo salvato un sacco di gente».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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