Renzi vuol rimandare il referendum per garantirsi il Sì di Confindustria

Lo scambio: sostegno in cambio degli incentivi nella Stabilità

Renzi vuol rimandare il referendum per garantirsi il Sì di Confindustria

Roma - L'ancor lunga campagna elettorale in vista del referendum d'autunno ha già stabilito una cosa. Chiara e netta. Che non si tratta più di far vincere o meno una riforma costituzionale, bensì di rafforzare o indebolire un governo (nello specifico quello guidato da Matteo Renzi).

Se da un lato è lo stesso premier a smentire pubblicamente la connotazione politica del referendum, dall'altro l'ala renziana (maggioritaria) del Pd sta lavorando sottotraccia per rafforzare il fronte del sì. Con metodo affatto politico.

Tra gli alleati di governo, per esempio, è lo stesso ministro degli Interni, Angelino Alfano (Ncd) ad aver chiesto una contropartita. La sua richiesta è quella di far ammorbidire gli emendamenti che dovranno essere apportati alla riforma del processo penale. Area popolare chiede un aumento meno drastico dei tempi di prescrizione sui reati di corruzione. Dopo le bagarre in aula e in Commissione (prima alla Camera e adesso al Senato), il Pd ha capito che non può cercare maggioranze trasversali per i singoli provvedimenti da votare. I grillini, in questo caso, non cadranno nella trappola (come già hanno mostrato sul ddl Cirinnà). Sono problemi tutti interni alla maggioranza. Quindi la posta, col referendum, si alza. Il Pd potrebbe essere disposto a venire incontro all'ala centrista del suo governo pur di contare su un impegno più vivace nella campagna referendaria.

Tra i convinti alfieri del sì si contano ovviamente i verdiniani, che non perdono occasione per mostrare lealtà al governo renziano. In caso di vittoria un rimpasto di governo potrebbe vederli entrare anche ufficialmente in maggioranza. Dove già si trova un altro campione della riforma costituzionale così come è stata impacchettata da Maria Elena Boschi: Enrico Zanetti. L'ex segretario di Scelta civica (nonché viceministro all'Economia) sta lavorando in questi giorni alla costituzione del gruppo parlamentare con Denis Verdini (Ala). Se ufficialmente il Pd (vedi la reazione stizzita di Matteo Orfini) mostra di storcere il naso per l'iniziativa presa da un membro del governo insieme con chi ancora ufficialmente è fuori dalla maggioranza, dietro le quinte già si registrano contatti per un rimpasto che veda salire la presenza del gruppo di Zanetti.

Anche fuori dal parlamento, però, c'è chi ha mosso le proprie pedine per assicurarsi un tornaconto dall'appoggio pubblico al Sì. Il primo esempio è la Confindustria. Il suo appoggio alla riforma Boschi è stato tra i primi. Gli industriali non si augurano soltanto la solita stabilità politica (messa a rischio dalla vittoria del No) ma sperano in un atteggiamento favorevole del governo che in sede di legge di Bilancio potrebbe tagliare gli incentivi alle imprese sbandierando la solita spending review. In questo senso va letto anche l'idea spostare il referendum dopo il primo passaggio della legge di Bilancio alla Camera, avanzata in questi giorni dal Pd.

Anche l'endorsement alla riforma costituzionale avanzato dalla Cisl potrebbe essere letto nella solita chiave del do ut des.

Il sindacato guidato da Annamaria Furlan sta infatti facendo pressioni sul governo per una politica economica più aggressiva con sostegni più incisivi alle imprese, allo sviluppo tecnologico e una riforma bancaria a sostegno degli investimenti.

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