La renziana emarginata dalla sinistra per non avere linciato il "nemico" Fontana

La consigliera Baffi non vota la sfiducia al governatore e Iv la vuole cacciare

La renziana emarginata dalla sinistra per non avere linciato il "nemico" Fontana

Milano «Italia vivacchia» anche in Lombardia. Il partito di Matteo Renzi ripiega sul piccolo cabotaggio e anche sulla mozione «grillina» contro Attilio Fontana si arrende a un destino da «cespuglio» di Pd e 5 Stelle.

Chi ha un'idea più alta viene messo alla porta. E questa è la storia di Patrizia Baffi, unica consigliera regionale lombarda, finita emarginata, isolata dal partito e in pasto agli odiatori, con un'unica colpa: non vuole partecipare al «linciaggio» del governatore, tenendo fede caparbiamente - ai principi di Italia viva. E pensare che la fortuna che spesso ha arriso all'ex premier fiorentino anche stavolta era stata dalla sua parte: nel Consiglio regionale lombardo aveva trovato una perfetta interprete delle sue ambizioni: autonoma, donna, lodigiana, renzianissima, entrata nel partito (allora Pd) dopo una visita a Lodi di «Matteo» che le aveva firmato una copia del suo libro. Adesso, i «colonnelli» di Italia viva vogliono cacciarla, e i vertici del partito la lasciano sola in balia degli «haters». Il calvario politico è iniziato quando lei ha detto «no» alla maldestra mozione di sfiducia contro l'assessore al Welfare Giulio Gallera - impallinata anche dai «franchi tiratori» di sinistra - ed è proseguito quando è stata eletta presidente della commissione d'inchiesta sul Covid. «Ho ricevuto messaggi intimidatori - racconta - sono stata attaccata in commissione con frasi sessiste. Sono state fatte insinuazioni becere sulle foto che mi ritraevano in occasioni ufficiali con Fontana e Gallera. E nessuno ha detto niente». Baffi ha deciso di tenere una linea di opposizione sì, ma responsabile. E ha rivendicato la coerenza della sua scelta coi principi suoi e del leader di Iv. Il governatore lombardo infatti è lo stesso cui Renzi - via sms - prometteva affettuosamente collaborazione. «Non firmare la mozione è una scelta personale - spiega Baffi - ma in linea con ciò che Italia viva ha sempre detto. Pensavo che combattessimo populismo e mistificazioni. Quel documento non ha alcuna utilità, non dà risposte ai cittadini ma solo alle segreterie di partito. Io non sono con Fontana ma neanche contro. Non ho nemici ma avversari che sì sconfiggono alle elezioni. Mi attengo alle parole del presidente Mattarella. Non si fa propaganda sul virus. Il sistema lombardo ha mostrato fragilità ma addossare a una sola persona la responsabilità di 16mila morti è un atto di crudeltà».

A Roma Italia viva, con il capogruppo Davide Faraone dichiara che è «senza rotelle» chi pensa a mozioni di sfiducia contro la ministra

della Scuola, e intanto a Milano impone a a Baffi di votare la sfiducia anti-Fontana. Ma lei non cede: «Ne prendo atto con rammarico - dice - Io sono coerente. Forse sono venute meno le ragioni del nostro stare insieme».

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